Una lunga squalifica, dodici anni di purgatorio, dopo aver toccato l'inferno, e ora la rinascita. Francesco Flachi è tornato a calcare l'erba di un campo da calcio tesserandosi con il Signa, in Eccellenza.
Terzo marcatore di sempre della storia della Sampdoria, ha scelto di raccontarsi in un docu-film in cui si mette completamente a nudo. Ecco cosa ci ha raccontato in vista dell'uscita del documentario.
Cosa hai provato quando hai capito che c'era interesse nel voler raccontare la tua storia in modo diverso?
"All’inizio ero un po’ perplesso, spaventato dall’idea di andare in giro in mezzo alla gente con una telecamera sempre puntata addosso. Il mio problema è sempre stato quello di scontrarmi con i pregiudizi, però devo dire che in realtà attraverso le riprese di questo docu-film e la mia biografia che è appena uscita ho ritrovato tantissimo affetto della gente. E’ stato come se finalmente avessero riabbracciato il vero Francesco. E io sono uno che vive di queste cose: una pacca sulla spalla, un complimento, sono cose che mi fanno stare bene per tutta la giornata".
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Ricordi le sensazioni del primo giorno di riprese?
"Ero un po’ chiuso, un po’ intimorito, pensavo “oddio chissà cosa penseranno tutti adesso che mi vedranno in giro con questa telecamera che mi segue sempre”. Poi devo dire che piano piano mi sono abituato, e grazie al lavoro degli autori mi sono sentito sempre più a mio agio, ho imparato un sacco di cose nuove e alla fine ci ho preso anche gusto".
Una bella esperienza?
"Bellissima, soprattutto perché ho lavorato con una squadra composta da un gruppo di ragazzi eccezionali, alla mano come me. Ci tengo tantissimo a ringraziare David Gallerano, Pietro Daviddi e Riccardo Lupoli perchè sono dei ragazzi pieni di passione e umanità".
C’è qualcosa che ti ha sorpreso riguardo al processo di lavorazione di un documentario?
"Sinceramente pensavo che fosse tutto molto più pesante, molto più serioso. Invece sul set c’era sempre un clima molto rilassato, di assoluta normalità e grande trasparenza, in cui mi sono trovato perfettamente a mio agio. E questo penso che sia molto importante perché quando si fa un lavoro di questo genere bisogna essere in totale sintonia. E poi devo dire che è stata anche realtivamente veloce come lavorazione, anzi, mi spiace che sia già tutto finito perchè mi stavo trovando molto bene in questa nuova veste! Spero che anche alla gente che lo vedrà possano arrivare tutte queste emozioni positive".
A chi punta ancora il dito contro di te cosa dici?
"Nulla, per carità. Nella vita ognuno è libero di pensare e di dire ciò che vuole. So solo che ora sono in minoranza rispetto a prima, e ringrazio tanto tutti quelli che mi difendono da quella minoranza".
"Ho timore solo di mio padre e del gatto": ce la racconti?
"Hanno entrambi quello sguardo un po’ freddo, che ti mette in soggezione. Sanno quello che ho fatto in passato e sperano che non sbagli più. Mio padre è il mio eroe, so bene la delusione che gli ho dato a livello morale, gli ho levato 20 anni di vita. “Il gatto” (Andrea Ballerini, il presidente del Signa – ndr) ha puntato tanto su di me, ci ha messo la faccia, è stato lui ad avermi cambiato in positivo come persona, ad avermi spinto a modificare alcuni aspetti negativi del mio carattere. E’ una persona che ti dà il cuore, ma non devi tradirlo mai, e alla fine sono anche io un po’ così. Spero che rimangano entrambi nella mia vita il più a lungo possibile".
La paninoteca al Ponte Rosso
"E’ stata una bella esperienza, i primi anni specialmente sono stati stupendi, poi però mi sono accorto che non ero il mio mestiere. Stavo dentro la paninoteca dalla mattina alla sera, facevo tardi la notte e questo non faceva sicuramente bene alla mia vita privata. Ho dedicato tutta la vita al calcio e voglio tornare nel calcio, che sia da allenatore, da commentatore televisivo o radiofonico, è questo quello che voglio fare".
Un pensiero sul concetto di redenzione
"Io parlerei di rinascita più che di redenzione, è come se avessi iniziato una seconda vita. Solo io so quello che ho passato in questi 12 anni e non è stato bello, sono passato dall’avere tutto a non avere più niente, sono subentrati tanti problemi a livello familiare, inclusa una separazione. Io cercavo costantemente di rimettere le cose a posto, ma poi dovevo sempre ricominciare da capo. Eppure di questi 12 anni non butto via nulla, perché nella vita andando avanti si presenterà sempre qualche nuovo problema, e quando si presenterà sarò pronto a riaprire il cassetto a rivedere questi 12 anni: saranno sempre molto peggio di qualsiasi altra difficoltà che mi si parerà davanti, ne sono certo".
Cosa hai provato quando sei risultato positivo per la seconda volta al controllo antidoping?
"Sono scappato come un ladro. Ho caricato tutto ciò che potevo in macchina, sono passato a prendere mia figlia all’asilo, ho staccato il telefono e siamo partiti. Sono stati dei momenti durissimi, e la colpa è soltanto mia. Mi sono rinchiuso nella casa al mare, non volevo vedere più nessuno, non guardavo nemmeno più le partite. Poi piano piano speri che qualcuno si ricordi di te, che ti ridia fiducia, e io sono ripartito dalla radio a Firenze con David Guetta, che devo ringraziare moltissimo. E’ stato molto importante per me perché ho avuto la possibilità di farmi conoscere anche qui, dove si ricordavano di me soltanto come giovane calciatore. E poi un po’ alla volta sono arrivate altre cose: la scuola calcio, la televisione come opinionista. Ho imparato a raccontare il calcio alla gente e piano piano mi sono rialzato".
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Sei il terzo miglior marcatore di sempre della Samp: cosa significa oggi?
"Sono andato allo stadio a vedere il derby di ritorno: per fare 100 metri ci ho messo un’ora, non mi davano tregua. Eppure sono passati 12 anni. Con la tifoseria della Samp si è creato questo rapporto che va al di là del calcio, io ci sono stato nel loro momento peggiore e in me hanno sempre visto uno che ha dato tutto per quella maglia. La riconoscenza della gente è la soddisfazione più grande".
Ci torneresti alla Samp un giorno?
"Assolutamente sì, come tornerei alla Fiorentina. Basta che mi facciano fare quello che so fare. E poi seguirei ovunque Novellino, per imparare da lui e per la persona meravigliosa che è".
Qual è stata la parte più difficile del dover tornare ad allenarsi?
"All’inizio era tutto stupendo, poi sono arrivati gli acciacchi. Alcune volte sono tornato a casa con le gambe che sembravano due stampelle. Però sono tornato a sentirmi vivo, quindi era un male che in fondo mi faceva bene".
Qualche aneddoto sui nuovi compagni di squadra che accolgono il campione della serie A...
"Mi hanno accolto benissimo, mi hanno riempito d’affetto e soprattutto mi hanno ridato quell’importanza che mi ero levato da solo. In questi 4 mesi mi hanno fatto ritrovare la passione".
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Camminata nel tunnel prima di tornare ufficialmente in campo: cos'hai provato e a cosa hai pensato?
"E’ stato lo step finale di un percorso, perché sono tornato a rivivere quelle splendide sensazioni della vigilia: preparsi la borsa, sentire le farfalle nello stomaco, arrivare al campo la mattina della partita. Il calcio è devastante a livello mentale soprattutto quando è finito, e io in quel momento mi sono sentito quello di una volta. E poi ricevere tutti quei messaggi, vedere tutti quegli amici in tribuna per me mi ha gratificato e mi ha emozionato tantissimo".
Cosa ti auguri per tuo figlio Tommy che gioca nella Fiorentina?
"Non è facile perché ha 15 anni, è bravo, si vede quando gioca che ha qualcosa di diverso, ma deve prenderla con più cattiveria calcistica. Si deve arrabbiare di più se non gioca o se non viene convocato, perché altrimenti piano piano si adegua e si spegne la fiamma. I giovani di oggi sono più chiusi e non è facile capire quali tasti toccare. Forse potrà un po’ soffrire il nome, anche se mi auguro dal profondo del cuore di no, anzi, io posso soltanto insegnargli a non ripetere gli errori che ho fatto io".