A casa è sempre stato Ale, i tifosi hanno aggiunto la x finale. Poi ci ha pensato l’Avvocato Agnelli: Pinturicchio, per la sua qualità quasi pittorica, e poi Godot, quando ci si aspettava un ritorno ai migliori livelli Attaccante? Già. Ma mamma Bruna sperava facesse il portiere per evitare le botte. Invece il fratello Stefano, ex giocatore di talento, non aveva dubbi: numero 10. Nella cameretta c’erano tante immagini di Michel Platini: il 10, le punizioni, il gol come missione. Ispirazione continua. I primi calci si tirano nel garage di casa. L’interruttore della luce è l’incrocio dei pali: la perfezione va allenata fin da piccoli. La Juve lo acquista, lui si presenta in sede e firma il contratto. Poi Boniperti lo manda dal barbiere ad accorciare la zazzera. Ale ha segnato con i capelli lunghi, corti o rasati a zero. Altro che Sansone. Dove avrebbe potuto giocare Ale? Al Milan, che poi non scatenò l’asta ai tempi del Padova. Al Parma, visto che il club gialloblù lo chiese in prestito quando sembrava chiuso da Baggio. Infine, nel 2012, arrivò qualche offerta dalle milanesi e dal Liverpool. Chi non è mai stato a Villar Perosa non può capire cosa sia Villar Perosa. E lì, nel delirio di una liturgia pagana, Ale è sempre stato il più amato, applaudito, coccolato. Le storie più belle iniziano spesso in modo anonimo: fuori Ravanelli, dentro Del Piero, al 73’ di un dimenticabile Foggia-Juve del 12 settembre 1993. L’amore con i tifosi nasce subito e nella primavera del 1994, in un clima di feroce contestazione per l’eliminazione in Coppa Uefa contro il Cagliari, Ale segna la sua prima tripletta al Parma. Per il popolo bianconero Del Piero è la speranza in un futuro migliore. Sarà così. Stadio Comunale, ci sono anni in cui la Juve si allena lì e i tifosi riescono ad avvicinare i giocatori nel parcheggio. Un giorno Del Piero firma un po’ di autografi e sale sulla macchina per andare via. Un uomo, rimasto senza l’agognata firma, lo insulta. Ale sente, scende dalla macchina e spiega con pazienza al tifoso quali limiti non si possono superare.
L’educazione, valore imprescindibile. Il gol alla Fiorentina fra un mesetto farà 30 anni. Cos’è il genio? Cercatelo su youtube se non lo ricordate o, peggio, non l’avete mai visto. Il tiro a giro prima che diventasse di moda: delicatezza e precisione. La palla all’incrocio ha il copyright. Vialli-Ravanelli-Del Piero: la Juve di Lippi conquista scudetto e Champions grazie a un attacco nato per caso e composto da giocatori perfettamente integrati. Il trionfo più desiderato. Tanti gol nella prima fase, una rete al Real Madrid nei quarti e l’attesa di un rigore che non dovette nemmeno tirare nella finale di Roma. Tra il 1997 e il 1998 lui e Ronaldo erano i più forti del mondo, indiscutibilmente. Il Fenomeno ebbe tanti guai fisici, Ale lasciò un ginocchio al Friuli nel novembre del 1998. Quel giorno finì la prima parte della sua carriera. Prima dell’infortunio era un numero 10 che dribblava e inventava, oltre a segnare. Poi, con il passare del tempo, divenne sempre più attaccante ma anche più uomo squadra, che faceva girare i compagni. Del Piero ha sempre saputo convivere con l’errore, vissuto con dispiacere ma anche con intelligenza. Non si è fatto soffocare dal ricordo delle occasioni sprecate nella finale dell’Europeo 2000 e nemmeno dalla lunga astinenza da gol su azione nel 1999-2000. Uno dei rari momenti in cui Ale ha fatto trasparire le sue emozioni in pubblico: il pianto e la dedica al papà Gino, appena scomparso, dopo la bellissima rete al Bari nel febbraio 2001. Destro, ma anche sinistro: quando vedeva la porta, Ale sbagliava pochissimo. E negli anni ha perfezionato questo fondamentale: tirava benissimo. Di Leandro Cufrè non resteranno tracce nella storia del calcio. O quasi. Il difensore argentino della Roma un giorno tirò uno schiaffo a Del Piero a gioco fermo. La risposta di Ale fu un pollice alzato, la migliore delle reazioni. Chissà quanti giocatori si sarebbero buttati per terra, per strappare un’espulsione.
Del Piero è sempre andato d’accordo con gli altri fenomeni con cui ha diviso lo spogliatoio nel club o in nazionale. Baggio, Totti, soprattutto Zidane: con Zizou non c’era bisogno di parlare e nemmeno di guardarsi. Il pallone sapeva già cosa doveva fare ed eseguiva docilmente. Del Piero è stato candidato sei volte al Pallone d’oro e si è classificato quarto in due occasioni: nel 1995 e nel 1996. Ne ha segnate tante, su entrambi i pali, di precisione o di potenza. Uno degli specialisti migliori del nostro calcio. Dal dischetto aveva buonissime percentuali. E ai rigori ha vinto una Champions e il Mondiale, perdendo un’altra Champions. Al di là dei gol e dei numeri, Del Piero aveva la capacità di far giocare bene i compagni: non li metteva mai in difficoltà. I passaggi erano sempre esatti, precisi, semplici da stoppare. Le vittorie non sono tutte uguali. Il 5 maggio 2002, due anni dopo il pantano di Perugia, lo scherzetto ai danni dell’Inter regala a Del Piero uno dei trionfi più goduti Febbraio 2006, Inter-Juve 1-1. Punizione per la Juve. Ale, entrato nella ripresa come spesso accadeva con Capello, la mette all’incrocio e inaugura l’iconica esultanza con la linguaccia: 1-2.
C’è un’estate magica nella vita di tutti noi. Per Ale è quella del 2006, piena di cose da ricordare, di momenti bellissimi e bruttissimi. Il gol a Dortmund, ovviamente all’incrocio, è una gioia intensa e bruciante come il più azzurro dei contropiede. Il rigore a Berlino è una passeggiata nella gloria: esecuzione perfetta, da campione del mondo. Da Berlino a Crotone il viaggio è lunghissimo. Basta saperlo affrontare. Calciopoli è un inferno, la B è il purgatorio: un’avventura piena di gol. E di orgoglio. In attesa di tornare in paradiso. "Tieni David, calcia tu". Stagione 2007-08, ultima giornata, Del Piero e Trezeguet sono in lizza per il titolo di capocannoniere: 19 gol a testa. Pochi minuti e segna Ale. Subito dopo, rigore per la Juve e il capitano fa un gesto da… capitano. Poi Ale segnerà ancora e vincerà comunque. Al Real Del Piero ha fatto 5 gol in 9 partite. Il Bernabeu è uno stadio speciale, riconosce la grandezza degli avversari e nel novembre del 2008 gli regala una standing ovation dopo aver dovuto applaudire a malincuore una sua doppietta. Del Piero è stato tra i primi a introdurre la figura del preparatore personale. Si fece seguire da Giovanni Bonocore per allenarsi meglio dal punto di vista atletico. E lo portò con sé anche a Sydney. Facile parlare quando le cose vanno bene. Del Piero ha messo la faccia su ogni sconfitta e su ogni momento critico della Juve. Nella stagione di Delneri andava in sala stampa quasi dopo ogni partita, perché le cose andavano male e voleva essere lui a prendersi le responsabilità. "Ho firmato il mio primo contratto con la Juventus in bianco, firmerò anche quello che sarà l’ultimo con questa maglia in bianco". Ad Andrea Agnelli quel videomessaggio del febbraio 2011 non piacque affatto perché, in pratica, lo costrinse a rinnovare il contratto a Del Piero. Fu la svolta. Decisiva anche per lo scudetto che sarebbe arrivato poco più di un anno dopo. Una maglia, una città, quattro stadi diversi in cui festeggiare un gol.
Il vecchio e caro Comunale, battezzato con la Primavera nella finale del campionato di categoria contro il Toro. Poi ovviamente il Delle Alpi, l’Olimpico e lo Stadium. Sempre e comunque casa. Estate 2011, tournée americana, hotel a Filadelfia. Incrociamo casualmente Ale al bar: quattro chiacchiere, un caffè. Gli addetti stampa della Juve ci circondano spaventati da chissà scomode rivelazioni. Con la personalità che purtroppo oggi non ha quasi nessun giocatore, Ale si gira e liquida gli improvvisati “marcatori”: "Stiamo parlando di noi, delle famiglie, di fatti nostri. Potete andare tranquilli". Adesso ci sono i social media manager e mille barriere: il contatto umano non esiste quasi più. Ed è un peccato. La partita-fantasma, perché a un certo punto non la guardò più nessuno. Juve-Atalanta, ultima giornata del campionato 2011-12, soprattutto ultima partita con la maglia della Juve del numero 10. Gol, sostituzione, braccia alzate, panchina. Si vabbè, non può mica finire così. Ale fu letteralmente sollevato dall’amore della gente e portato in giro per il campo mentre le squadre continuavano a far finta di giocare. La più bella festa d’addio di sempre, perché spontanea, genuina, vera. Come il rapporto tra Ale e la sua gente. Uno dei momenti più commoventi non solo dell’inaugurazione dello Stadium, ma della storia bianconera. Boniperti e Del Piero, gli uomini dei record, i capitani, le leggende, seduti a centrocampo sulla panchina della fondazione. Ale è sempre stato curioso, ecco perché pur non volendo allenare (almeno per adesso) ha frequentato Coverciano. Gli piace capire, studiare, sapere. Ha vissuto a Los Angeles, poi in Spagna: è rimasto confinato nel campo da calcio così a lungo che gli è rimasta dentro la voglia di conoscere il mondo. Non è un luogo comune: Del Piero è profondamente juventino. Mentalità vincente, praticità, la bellezza non fine a se stessa ma come mezzo per raggiungere il successo. Dna.
Del Piero è l’unico giocatore per cui si fermava Torino, l’unico che richiamava la folla fuori dal ristorante o dai negozi. La squadra a cui ha segnato di più è la Lazio, ben 14 reti. Tra cui il penultimo in bianconero, tra i più importanti: la punizione del 2-1 che profumava di scudetto nel 2012. Forse anche per merito del gol nella Coppa Intercontinentale del 1996, giocata a Tokyo, Del Piero è sempre stato molto amato in Giappone. E quando uno tsunami sconvolse quella popolazione, organizzò una raccolta fondi grazie al lancio di una t-shirt. Il modo migliore per restituire un po’ di affetto. Grande amico degli Oasis, apparve addirittura in un videoclip. Un cameo nell’“Allenatore nel pallone 2”, insieme al mitico Oronzo Canà. Show-man in campo e fuori. Ale festeggia i 50 proprio il giorno del derby di Torino. Una partita che da tifoso sentiva e in cui nel 2002 segnò di tacco uno dei gol a cui è più affezionato. Qualche problema con Capello, l’intesa migliore con Lippi, un ottimo rapporto con Ancelotti, un legame stretto con Conte. Sicuramente David Trezeguet: intesa naturale, si trovavano a memoria. Hanno composto una coppia eccezionale. Ale ha avuto tre figli con la moglie Sonia. Tobias gioca nell’Empoli Under 18, Dorotea nella squadra Under 17 delle J-Women, Sasha ha quasi 14 anni. Una sola preoccupazione: che si divertano facendo sport. Un motto per gli juventini, uno stile di vita per lui. E’ naturale aspettarsi che un giorno, chissà quanto lontano, Ale possa rientrare in società. E’ l’augurio che gli facciamo per i suoi 50 anni. Del Piero segue il basket e il tennis e gioca a golf. Sentirsi improvvisamente un po’ più vecchi, a prescindere dall’età, o rivivere attimi felici abbandonandosi con piacere a un viaggio nel tempo. Non ci sono altre strade quando un campione dello sport festeggia un compleanno “rotondo”. Troppi ricordi. Oggi Alessandro Del Piero compie 50 anni e da parecchi ci fa compagnia: i gol, ovviamente, ma anche il comportamento, le parole sempre misurate, le pubblicità, i commenti in tv a Sky. E’ entrato nelle nostre case e non ne è più uscito perché ha sempre mostrato alcuni imprescindibili valori anche quando si toglieva la maglietta del suo club. Nel calcio, sport che divide ben più di quanto unisca, è un privilegio per pochi: Paolo Maldini, ad esempio. Ci sono talmente tanti episodi e sfumature che ciascuno, ripensando alla carriera di Del Piero, potrebbe scegliere quelli che preferisce. Ecco i nostri.
Fonte: Gazzetta.it