"Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova". Non siamo ancora arrivati al proverbiale assioma di Agatha Christie, ma le due partite consecutive senza segnare devono imporre una riflessione in casa Juve. È chiaro che quello di Thiago Motta sia un cantiere ancora aperto, con molti dei nuovi acquisti che sono arrivati nell'ultima settimana di mercato (Koopmeiners e Nico Gonzalez su tutti) o dopo un impegno con la propria nazionale (Douglas Luiz in Coppa America) e con la squadra che ha la necessità di imparare principi di gioco nuovi rispetto al passato, ma un piccolo campanello d'allarme sta iniziando a suonare. Prima della trasferta del "Castellani" e dopo l'altro 0-0 con la Roma, i bianconeri comandavano la classifica con 7 punti, 6 gol fatti e zero subiti, ma la realtà della produzione offensiva raccontava altro. La squadra di Thiago Motta, infatti, dopo 270 minuti di Serie A risultava 16ª in classifica per azioni da tiro e per tiri totali, 11ª per tiri in porta, 19ª per distanza media dei tiri e 17ª per gol attesi prodotti. In pratica, aveva overperformato rispetto al suo rendimento d'attacco nelle prime tre giornate. D'altronde, rivedendo i gol juventini segnati a Como e Verona, l'unico arrivato secondo i principi del nuovo tecnico era stato quello di Vlahovic al "Bentegodi": pressing alto, palla rubata da Locatelli e imbucata per il serbo in area. Molte delle altre reti erano arrivate grazie a tiri da lontano (Mbangula e Cambiaso alla 1ª) o calci da fermo (rigore di Vlahovic alla 2ª). Proprio il gol del belga contro i lombardi, tra l'altro, aveva contribuito non poco a stappare una partita che fin lì era apparsa più complicata del previsto. Dopo lo 0-0 di Empoli, nonostante le grandi occasioni di Gatti, Vlahovic e Koopmeiners, la situazione non è molto migliorata, tanto che, numeri alla mano, la Juve ha registrato meno di un gol atteso (0,88, contro lo 0,38 dei toscani). In pratica, se fosse arrivata, sarebbe stata una vittoria... di corto muso. Il motivo principale è presto detto: la squadra sta cambiando tatticamente pelle e i nuovi acquisti, alla prima da titolare, non hanno inciso subito. Anzi, al "Castellani", Koopmeiners, Douglas Luis e Nico Gonzalez sono stati coloro che hanno perso più palloni (10 a testa l'olandese e il brasiliano, addirittura 13 l'argentino), con l'aggrevante, per l'ex Fiorentina, di non aver mai saltato l'avversario in tre tentativi. Con il tempo sicuramente la loro condizione e il loro inserimento migliorerà e il pallone dato a Vlahovic da Nico, con una grande imbucata di 30 metri, è già un bel segnale. Nella gara di Empoli, poi, nullo è stato il contributo dalla panchina: tre dei quattro subentrati a 23' dalla fine, se possibile, hanno fatto pure peggio di coloro che hanno sostituito. Sei palle perse per Fagioli e Mbangula (che non ha mai saltato l'avversario in dribbling), quattro per Weah. E a proposito di cambi, fa sicuramente riflettere la scelta di Thiago Motta di non provare la quinta carta dalla panchina. D'altronde, però, al suo fianco non aveva nessun calciatore in grado di cambiare la partita: c'erano Cabal, Danilo, McKennie, Rouhi, Savona e Adzic, ma, in una situazione come questa sarebbe servito tantissimo un giocatore come Milik, capace di agire da vice-Vlahovic oppure anche al fianco del serbo, soprattutto in partite, come quella di Empoli, in cui è difficile scardinare le difese avversarie con la manovra. O in gare in cui il serbo, come già successo contro Como e Roma, non dimostra certo quel killer-instinct che si chiede al centravanti di una grande squadra. Due indizi, insomma, sono solo una coincidenza e le attenuanti sono molteplici. Ma già martedì con il Psv la Juve dovrà evitare di far accendere la terza spia d'allarme.
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I nuovi e la panchina steccano, Vlahovic sbaglia: ecco perché la Juve non segna
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