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Calcio

Il 4-2-4 (fluido), le gabbie su Barella e Miki, la compattezza: così Fonseca ha incartato l'Inter

Marco Pasotto
Il 4-2-4 (fluido), le gabbie su Barella e Miki, la compattezza: così Fonseca ha incartato l'InterN/A
La vittoria rossonera nel derby arriva nel segno evidente della corretta lettura tattica da parte dell'allenatore. Che in settimana ha toccato prima le corde emotive della squadra e poi le ha cucito addosso il vestito ideale per affrontare i nerazzurri

Primo endorsement, da parte di Ibra nel prepartita: "Partita decisiva per il futuro di Fonseca? Assolutamente no". Zlatan si è esposto in maniera netta ma, insomma, se fosse finita come col Liverpool qualche dubbio sulle sue parole sarebbe stato lecito. Secondo endorsement, da parte di Gabbia nel dopogara: "Siamo sempre al fianco del mister, al di là di quello che si dice fuori. È stato molto bravo nel dopo Liverpool. Fino all'ultimo giorno che avremo Fonseca lo seguiremo fino alla morte, facendo il meglio possibile per noi stessi e per lui".

E qui, siccome Gabbia è un ragazzo schietto, onesto e che sa pesare le parole, viene da credergli al cento per cento. Perché dopo questo derby, una cosa appare piuttosto chiara: così come nelle sconfitte precedenti le colpe dell'allenatore portoghese erano evidenti, stavolta l'evidenza racconta un derby vinto dal Milan grazie al suo tecnico. È finita con Fonseca nuovo eroe - almeno per qualche giorno - del mondo rossonero. Ha indovinato tutto. Intanto il modo per toccare in settimana le corde di una squadra spenta, terrorizzata e remissiva. E poi la preparazione tattica. Sulla carta un 4-4-2, nella realtà un 4-2-4 che sembrava disegnato al Subbuteo da quanto era evidente nelle linee. Soprattutto in fase di non possesso. Ovvero una prima linea di quattro uomini per schermare la fase iniziale di costruzione avversaria, due mediani che a turno si allargavano per aiutare quando l'Inter scendeva sugli esterni, e una linea difensiva sicuramente non impeccabile (gol di Dimarco propiziato da un'uscita sbagliata di Emerson), ma comunque più attenta rispetto alle uscite precedenti. Ed è stato un Milan compatto, quando aveva palla l'Inter. Cortissimo. Tutti all'interno di una ventina di metri.

La mossa vincente però, al di là di un sistema di gioco che, come ha sottolineato Fonseca, non si è poi discostato troppo dalle altre partite, è stata la gabbia (Matteo qui non c'entra nulla) sulle due mezzali nerazzurre. Sul fianco sinistro rossonero Barella è stato spesso tagliato fuori perché Leao faceva qualche passo indietro, Theo qualche passo avanti e Reijnders qualche passo laterale. Idem sul versante opposto con Pulisic, Emerson e Fofana su Mkhitaryan. E chi ricorda gli ultimi derby sa perfettamente che l'Inter li ha vinti grazie alle ripartenze e agli inserimenti delle mezzali. Fonseca nella maggior parte dei casi è riuscito a eliminargli tutte le linee di passaggio. Con la palla fra i piedi è stato un Milan molto fluido, che si è in parte liberato del 4-2-4 applicato rigorosamente in fase difensiva. A volte è stato il classico 4-2-3-1, con Morata alle spalle di Abraham, a volte 4-1-4-1, con Fofana davanti alla difesa e Reijnders ad appoggiare la manovra centralmente accanto a Morata.

Magari poco appariscente, Alvaro, ma come sempre prezioso nel lavoro di raccordo. Pulisic peraltro non ha giocato da esterno puro e veniva spesso dentro il campo, sparigliando i punti di riferimento nerazzurri. Leao, per una volta, è stato più applicato e utile in fase di non possesso. Anche con il Liverpool il Milan aveva provato un piano tattico simile, che però non era riuscito: i reparti si erano scollati e slabbrati dopo un quarto d'ora. E allora, si torna in effetti a quel mantra che appartiene ormai a tutti gli allenatori: il sistema di gioco in sé per sé conta fino a un certo punto, la differenza la fa l'interpretazione. Ora il Milan ha una base solida da cui ripartire. Fonseca ha incartato per benino l'Inter, sì. Cosa che al Diavolo non succedeva dalla notte dei tempi e quindi fa ancora più effetto. La vittoria arrivata a un minuto dal novantesimo non deve trarre in inganno: non è stata casuale, ma il logico epilogo di una partita ben preparata e ben gestita, su cui il Milan ha messo le mani definitivamente in un secondo tempo dove, prima del secondo gol, c'erano state tre occasioni limpide. Inter stanca e con un giorno di decompressione in meno rispetto al Diavolo dopo la Champions? Certo, è cronaca, ma lo sono anche i meriti dei rossoneri e del loro allenatore.

La sorpresa era filtrata lungo il pomeriggio della vigilia: Fonseca ha provato in allenamento - e ci sta pensando molto seriamente - un Milan col doppio centravanti. Detto con sincerità: pareva una specie di all-in della disperazione. Il tentativo di giocarsi il tutto per tutto da parte di chi fino alle 20.44 di domenica sera non aveva mai avuto risposte agli stimoli. E pareva quindi un azzardo immenso: Abraham e Morata a dividersi i territori affacciati sull'area interista, Pulisic e Leao sulle fasce con Theo e Emerson terzini, non esattamente due giocatori che amano restare rintanati. Insomma, uno di quei tentativi senza mezze misure: se l'azzecchi sei un eroe, in caso contrario finisci davanti al plotone d'esecuzione.

Fonte. Gazzetta.it