“Sono convinto che in questa stagione faremo ottime cose”. Pep Guardiola lo ripete convinto prima di sfidare il Feyenoord in Champions League, ma è difficile condividere il suo entusiasmo. Vero, il Manchester City ha vinto le ultime 4 Premier di fila e ha una rosa piena di campioni, ma è nel mezzo della peggior crisi da quando è diventata la squadra punto di riferimento del calcio inglese, un filotto di 5 sconfitte di fila che spaziano dalla Carabao Cup all’Europa passando ovviamente per la Premier, dove i campioni dopo 12 giornate hanno 8 punti di ritardo dalla capolista Liverpool col rischio concreto di finire a -11 in caso di sconfitta nello scontro diretto ad Anfield. “Non mi arrendo e sono convinto che alla fine saremo lì”, ribadisce Pep. I numeri però dicono altro. Dicono che la crisi peggiora, perché il 4-0 incassato dal Tottenham sabato è stata la prima sconfitta all’Etihad dal novembre 2022 e anche la peggiore della serie. I problemi sono tanti e cominciano dagli infortuni: Rodri, il Pallone d’oro celebrato sabato già fuori per tutta la stagione dopo appena due partite da titolare, è la punta dell’iceberg di un’infermeria sempre piena che mal si concilia con una squadra dalla rosa storicamente corta. Il City è alle prese non solo con tanti guai tutti insieme, ma anche con giocatori fondamentali che entrano ed escono dalla lista indisponibili. Come Kevin De Bruyne. “Venerdì per la prima volta non ho provato dolore - ha raccontato prima del Feyenoord il belga, appena 390’ di Premier fin qui e mai veramente ripresosi dall’infortunio contro l’Inter del 18 settembre -. È frustrante perché so che se sto bene posso aiutare la squadra, ma non sono riuscito a farlo”. De Bruyne non è il solo big ben lontano dal suo livello abituale: Phil Foden è lontano parente del fenomeno che ha vinto il premio di mvp della Premier 2024-25, Kyle Walker dall’essere l’insuperabile ancora difensiva ammirata lo scorso anno, John Stones, l’uomo chiave del triplete, dopo quasi 4 mesi di stagione ha nelle gambe appena 45’. E l’elenco di chi non sta bene coinvolge anche Dias, Jack Grealish, Jeremy Doku e con rarissime eccezioni quasi tutti i giocatori titolari in una formazione tipo. Una di queste eccezioni è ovviamente Erling Haaland, ma i suoi 15 gol in 16 partite tra campionato e Champions mascherano l’uso eccessivo che Guardiola ha dovuto fare del suo centravanti, probabilmente il più sano in rosa ma anche il più spremuto. Lui come Rico Lewis, splendido quando la squadra vince ma in balia degli eventi quando perde, che probabilmente sta giocando più di quanto dovrebbe. Come Savinho, uno dei due acquisti estivi che dopo una partenza sprint ha rivelato di essere formidabile fino al momento di concretizzare e ancora acerbo quando si tratta di finalizzare. La sua situazione racconta anche degli errori che il City ha commesso sul mercato: se il brasiliano emerso dalla piramide del City Group è stato un inserimento azzeccato, il ritorno di Ilkay Gündogan finora non ha riportato a Guardiola uno dei suoi pilastri, perché il tedesco sente all’improvviso il peso dei suoi 34 anni e il suo arrivo ha convinto il City a non rimpiazzare Julián Alvarez, l’argentino ceduto all’Atletico perché voleva essere più del vice Haaland e del vice De Bruyne, ruoli in cui nella scorsa stagione era stato eccezionale almeno fino a metà gennaio. Infortuni, giocatori fuori condizione, altri spremuti troppo e alcuni errori di mercato. Il City però in questo momento non è se stesso in campo. Se la prima delle 5 sconfitte, quella in casa del Tottenham in Carabao Cup, era preventivata per uscire in tempi brevi da un torneo minore che mal si concilia col calendario super affollato dei campioni, in quelle successive il City si è mostrato vulnerabile in difesa e incapace di essere concreto in attacco. Non abituata alle sconfitte, la squadra di Guardiola sembra non aver capito come reagire a livello mentale e pare schiacciata dal peso di perdere e dall’idea di compromettere così presto l’intera stagione. “Non è questione di risultati ora, è questione di prestazioni che in questa stagione c’erano sempre state - ha spiegato Guardiola -. Non c’è una sola ragione, se ci fosse avremmo già risolto il problema. La cosa più importante per noi adesso non è la tattica ma vincere, vincere una partita con la volontà di farlo. Dobbiamo prepararci alla prossima partita, al Feyenoord, e pensare come batterlo”. Nessuno all’Etihad pensa ad una sesta sconfitta di fila, a continuare il peggior momento della gestione Guardiola prima di presentarsi a Liverpool. In campo però al City in questo momento riesce tutto difficile. È per questo che questo è un momento così complicato che nemmeno l’annuncio del rinnovo di Pep è servito per dare una svolta.
Fonte: Gazzetta.it