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Calcio

Inter, Lautaro tra i giganti: è nella lista del Pallone d'oro

Filippo Conticello
Inter, Lautaro tra i giganti: è nella lista del Pallone d'oroN/A
Il Toro è ormai stabilmente nel gotha europeo: oggi sarà nella top 30 del massimo riconoscimento individuale, ma potrebbe rientrare nella top 5. C'è anche Calhanoglu

È del colore dell’oro la stella che porta sul petto, ma è tutto d’oro anche il Pallone che finalmente guarda da vicino. Questo nuovo Lautaro dorato, prezioso come il più nobile dei metalli, ha finalmente fatto l’ultimo passo nella scala evolutiva degli attaccanti. È cresciuto nella consapevolezza di sé e, sopratutto, nel riconoscimento del mondo esterno: nessuno potrà stupirsi nel vederlo seduto accanto ai grandi bomber del pianeta. È il posto aggiunto a tavola per il Toro, orgoglio interista e trascinatore pure in patria. Il capitano nerazzurro sta vicino ai “colleghi” Vinicius e Haaland e la conferma arriverà il 28 ottobre, tra i lustrini e le paillettes del Théâtre du Châtelet: sulle rive della Senna la cerimonia patinata per il Pallone d’oro 2024, in cui molti occhi si poseranno su di lui. Intanto, oggi l’argentino sarà uno dei 30 finalisti nella lista allargata, minimo sindacale per chi ha dominato la stagione, non in un mondo, ma in due. Dall’Italia fino al Sudamerica. Lautaro, infatti, si arrampicherà molto in alto in classifica, lassù tra le nuvole: gli ultimi rumors lo danno saldamente in top 10 e, perché no, vicino all’alta nobiltà dei migliori 5. Visto che in curriculum aveva massimo un 20° posto nel 2023, quando la Champions era evaporata sul più bello col City, il balzo in avanti è clamoroso.

Del resto, clamorosa è stata l’ultima stagione da cannibale in nerazzurro con la coda latina in albiceleste: la doppia vittoria in campionato e in coppa America è arrivata con annesso doppio titolo da capocannoniere (24 centri in A, 5 nel trofeo in Usa). Eccola, dunque, la chiave di questa crescita impetuosa, con cui ha buttato giù vecchi steccati e pregiudizi e fatto impazzire di felicità metà Milano: il gol, una ragione di vita, l’ossessione da inseguire e spostare sempre un po’ più in là, come l’utopia. Non è un caso che l’argentino non abbia mai fatto peggio dell’anno prima: da quando è da noi, il pallottoliere è sempre cresciuto, a parte quelle 21 reti ripetute tra 2021-22 e 2022-23. Quando i gol per qualche ragione non arrivano, come in queste prime settimane affaticate di A, il Toro si strugge in maniera plateale finché non si sblocca. Nella teatralità lo aiuta pure quel volto corrucciato da cacciatore della Pampa. Pensare a dove sarebbe se non fosse franato in Champions contro l’Atletico è solo una concessione al rimpianto: il rigore sparato sulla Luna al Metropolitano gli ha forse impedito di puntare davvero alla successione a Messi, compagno in nazionale e ultimo Pallone d’oro. Di Leo per una volta il Toro non è stato solo cavalier servente, ma generale pari in grado: in Coppa America ha trascinato lui, con tanto di puntura in finale alla Colombia. Col nuovo trionfo in nazionale ha sanato la vecchia ferita del Mondiale in Qatar, in cui l’interista era stato comparsa ingiallita.

La stagione galattica del Real Madrid di Ancelotti, doblete in Liga e in Champions, mette adesso le ali alla coppia delle meraviglie Bellingham-Vinicius, battezzati come fenomeni sin dalla culla e ora favoriti per il premio individuale più ambito. In nazionale, però, nessuno dei due ha esultato come l’interista: il flop del Brasile negli Stati Uniti ha fatto rumore come i dribbling mancati del 7, mentre il divino Jude è caduto in finale all’Europeo contro la Spagna di Rodri, architetto razionalista del City e altro candidato per la vetta. Il suo compagno campione della Premier Haaland e l’ultimo opaco Mbappé tra Psg ed Euro sembrano partire un filo indietro. Di certo, non stanno davanti a Lautaro per “diritto divino”, come poteva accadere fino a qualche mese fa. L’interista, infatti, ha sgomitato, come d’abitudine a Milano: in sei anni è passato da ragazzo di bottega con talento ancora da sgrezzare a capitano totale. Un “uomo-franchigia” con contratto appena firmato da 9 milioni netti, privilegio concesso a nessun altro in città. Anzi, la sua figura si è sovrapposta su carta carbone a quella dell’Inter: la crescita è stata parallela a quella dei nerazzurri, diventati tiranni in campionato e non così lontani dalle migliori di Champions. Non è un caso che nei top 30 oggi ci sarà pure il nome di Hakan Calhanoglu (non Barella) e Yann Sommer sarà pure candidato al premio Yashin di miglior portiere. Lautaro non avrà dalla sua il vento forte che spira sempre da Madrid e neanche l’allure che circonda i discepoli di Guardiola, ma questo Toro brilla come l’oro: adesso lo sanno tutti, è questo che conta.

Fonte: Gazzetta.it