Ad Appiano hanno già i tappi alle orecchie, come piace a Simone Inzaghi. Il sospetto, più che un sospetto a dirla tutta, è che quello ascoltato da Napoli non sia un assolo del momento. Non solo il ritornello cantato dopo il big match e ripetuto per scacciare la noia della sosta per le nazionali. Il timore interista è che questi acuti saranno, davvero, la colonna sonora dell’intera stagione: meglio abituarsi, allora, e alzare le difese per tempo. Sono punture mirate che partono dall’allenatore capolista, vecchia conoscenza, e hanno trovato una grancassa ieri anche nel presidente del club azzurro. I messaggi trasversali, arrivati in forma diversa dall’ex Antonio Conte e da Aurelio De Laurentiis, sono però considerati una normale strategia per soffiare pressione sui rivali. Anzi, indirettamente, confermano come il Napoli consideri proprio l’Inter la prima contendente al trono. In ogni caso, niente che non si sia già visto su questi schermi. È un clima generale che serve pure a mettere un po’ di pepe su un campionato avvincente.
La stagione nerazzurra passerà proprio dalla capacità di governare gli attacchi con intelligenza, di dare di volta in volta il giusto peso, magari rispondere in base all’occasione, tenendo però sempre occhi e orecchie fissi sul campo. È lì che i nerazzurri sanno di essere superiori, solo lì possono tenersi sul petto il tricolore. Lo stupore di Appiano per il polverone alzato domenica sera da Conte, che ha poi portato al successivo rintuzzo di Beppe Marotta dal Monferrato, non è aumentato ieri quando DeLa ha messo il carico sulla polemica: il canovaccio era chiaro già prima, in casa Inter non si pensa di andare avanti nel gioco di parate e risposte. Anche perché il passato aiuta a gestire momenti così: anche nella passata stagione la lotta per il titolo con la Juve aveva superato i confini del campo, si era nutrita di tensioni verbali, alimentate allora da Allegri. Più che di Var, protocolli e retropensieri, si giocava a "guardie e ladri" lungo la Milano-Torino: come sia finito il campionato è negli almanacchi e ora serve da promemoria. Simone Inzaghi era spettatore non protagonista già allora, l’aver tenuto il focus solo sulle prestazioni aveva pagato. Niente lo aveva distratto dal viaggio intergalattico verso la seconda stella, l’intenzione è non cambiare strategia neanche questa volta. Certo, a Inzaghi non possono aver fatto piacere le parole del collega, nonostante Conte abbia ribadito di aver voluto parlare di arbitri e uso del Var "a difesa di tutta la categoria". Ha colto subito il tentativo di rendere più difficile il clima attorno alla sua squadra, di spostare l’attenzione dalla supremazia mostrata nei 90’, più evidente della singola occasione del rigore, peraltro poi fallito da Calha.
Nonostante tutto, Simone resta immobile: sa essere imperturbabile anche quando dentro sta bruciando, è una virtù. Già a caldo dopo Inter-Napoli Inzaghi ha schivato la polemica affidandosi solo alle parole del presidente Marotta: anche in futuro Simone proverà a schivare il tema, per quanto possibile. Tradotto, si parla solo in campo, durante le partite, continuando a vincere come nell’ultimo periodo (otto successi nelle ultime dieci), magari mostrando un’applicazione superiore in difesa e maggiore efficacia in attacco. Ecco il vero terreno su cui lavorare per mettere la freccia sul Napoli, una volte per tutte. Anzi, all’Inter sono convinti che questa strana atmosfera possa aiutare a compattare ancora di più la truppa: tutti i giocatori -nessuno ha gradito la coda polemica-, è pronta ad allinearsi nel lungo corpo a corpo contro Conte. In fondo, l’intento di Simone non è poi troppo diverso da quello dello stesso tecnico napoletano, di casa alla Pinetina nel biennio di rinascita 2019-21: se puntare il dito (più o meno direttamente...) contro una rivale aiuta a darsi forza, regala la stessa emotività unirsi per schivare le frecce nemiche e poi rispondere sul campo. Si gioca, insomma, sulle passioni e sui sentimenti, un pavimento sempre traballante per chi ci cammina sopra. All’Inter sanno bene che in questa sottile arte Conte è maestro, del resto è stato lui a ripiantare il seme della vittoria dopo la lunga traversata post-Triplete. Anche Inzaghi, però, ha dimostrato negli anni di essere un abilissimo motivatore: diverso lo stile, uguale l’obiettivo centrato. Simone, unito a tutto lo stato maggiore del club, conosce il segreto per tenersi lo scudetto: basterà "stringersi di più", come cantava Ligabue. È un nerazzurro di cuore, si sa, ma lunedì dopo il concerto al Regio di Torino proprio Conte è andato fino in camerino per un selfie.
Fonte: Gazzetta.it