Crisetig. Con la “e” accentata e la “g” dolce. Dopo decenni in giro per l’Italia, deve ancora spiegarlo. Un cognome che sa di Friuli da capo a coda. È nato a Cividale, una dozzina di chilometri da Udine. Un puntino nel bel mezzo delle Valli del Natisone, confine naturale tra Italia e Slovenia. È però cresciuto a Scrutto, frazione di San Leonardo. Pare che la soglia dei mille abitanti non sia mai stata nemmeno avvicinata. Il posto “x”, chilometro zero. La storia di Lorenzo Crisetig, con la “e” accentata e la “g” dolce, parte da lì. Da gennaio ha piantato le tende a Padova, il posto “z”. Nel mezzo praticamente il mare. Tanta Inter, un bel po’ d’Italia, un pizzico di Spagna. Oggi, le rive del Brenta sono diventate il luogo delle passeggiate serali con Elena. Pregasi pronuncia con la seconda “e” accentata. Lo stadio Euganeo è il suo ufficio. Il 26 agosto, alla prima di campionato, è stato anche il palcoscenico della pennellata su punizione contro il Trento. Per ora, l’unica gioia in maglia Padova. Sotto la guida attenta e visionaria di Matteo Andreoletti, si sta organizzando il ritorno in Serie B. La partenza? A fionda. Il primo stint? Da capogiro. Qualche numero. Dieci vittorie, due pareggi, zero sconfitte, 23 gol fatti (miglior attacco) e 4 gol subiti (miglior difesa). E ancora: sette lunghezze dalla seconda (Vicenza), dieci sulle terze (Alcione e Feralpisalò). È fuga. Passeggiando per il Prato della Valle, cuore pulsante di Padova, qualcuno mugugna ancora per la sconfitta nel derby contro il Vicenza.
Correva il 22 maggio 2024, secondo turno play-off. Una ferita. Forse ancora aperta, sicuramente in via di guarigione. Con garze e acqua ossigenata, in primissima fila, Lorenzo Crisetig da Scrutto, 31 anni dal 20 gennaio. C’è stato un tempo, neppure così lontano, in cui un Crisetig ancora sbarbato - la “e” non era ancora accentata, la “g” prepotentemente palatale - faceva balzare su dai seggiolini un certo Massimo Moratti. “Voglio tirare o il primo o l’ultimo rigore”. Breve e conciso. Aveva compiuto 19 anni da neanche un pugno di mesi. Alla faccia dello sbarbato. Da lì a qualche minuto avrebbe incrociato con il mancino battendo Mickey van Der Hart. Il mittente del virgolettato era Andrea Stramaccioni, al tempo allenatore della Primavera dell’Inter. 24 ore dopo sarebbe subentrato a Claudio Ranieri alla guida della prima squadra. Gli concesse l’ultimo, quello decisivo. E mentre la Milano nerazzurra saliva sul tetto d’Europa battendo ai rigori l’Ajax di un giovanissimo Davy Klaassen, sulle tribune del Brisbane Road di Leyton, gioiellino a est di Londra, il presidente Massimo Moratti, affiancato dall’allora direttore generale Ernesto Paolillo, non tratteneva la gioia. Era l’epoca della NextGen Series, torneo a invito non riconosciuto dall’Uefa e quindi da non confondere con l’attuale Youth League, nata solamente due anni dopo. Nonostante ciò, la notizia fece presto il giro d’Italia. “L’Inter dei giovani è Campione d’Europa”, si scriveva.
Da Aosta a Modica, ogni latitudine del Bel Paese era dominata da Andrea Romanò e compagni. L’allora capitano, oggi, gioca all’Universal Solaro, Promozione lombarda. Tra gli altri, spiccano Raffaele Di Gennaro (tuttora all’Inter come terzo portiere), Alfred Duncan (Serie A con il Venezia) e Samuele Longo, ex stellina nerazzurra e oggi al Milan Futuro, Serie C. Correva il 25 marzo 2012. Altra epoca. Per Crisetig, insieme al 27 settembre 2011, le due cartoline da appendere nella cameretta di Scrutto. L’aria europea come filo conduttore. Quella assaporata in terra russa durante una fresca serata di fine estate non la dimenticherà mai. 180 secondi, forse poco più. L’abbraccio con Cristian Chivu, qualche scatto sul verde del Luzhniki Stadium, casa del CSKA Mosca. Meno di una sgambata. Abbastanza per l’esordio tra i grandi, più che sufficiente per la prima in Champions League. Rimarrà l’unica apparizione in prima squadra. Sulle sponde del Naviglio, oltre a Strama, incontra De Paoli, Tomasoni, Pea, Bernazzani e Zavattieri. Una frase dell’ultimo gli cambia la vita: “Senti, che dici di provare da mediano?”. Tutt’oggi lo ringrazia. Faceva l’esterno, la corsia mancina era il porto sicuro. Qualche giorno di dubbi e mugugni, un pugno di settimane di assestamento. E fu così che la cabina di regia divenne il suo nuovo posto felice. Nel 2012, dopo una lunga trafila dai Giovanissimi Regionali alla prima squadra, l’Inter lo gira allo Spezia, prima tappa di un giro d’Italia durato lustri.
Nel 2016 lo acquista il Bologna e si stacca definitivamente dalla Milano nerazzurra, qualche mese dopo diventa una delle colonne portanti della storica salvezza del Crotone di Davide Nicola. Poi ancora Bologna, Frosinone, Benevento e Mirandes, la parentesi estera a Miranda de Ebro. Qualche chilometro da Bilbao, casa dell’Athletic. Estremo nord della Spagna che accarezza l’Oceano Atlantico. A quel punto ben più di qualche miglio nautico per raggiungere Reggio Calabria. E quindi la Reggina di Pippo Inzaghi, penultima tappa prima dello sbarco sul Brenta. Al suo fianco, come sempre, mamma Maria. È la sua prima tifosa. Non perde una singola partita dai tempi dell’Audace San Leonardo, la classica e intramontabile squadra del paese. Da mamma appassionata a massima esperta del settore. Oggi è un’enciclopedia. Sugli immensi prati verdi di Scrutto, quel puntino nel bel mezzo delle Valli del Natisone, ha tirato su anche Arabella, sorella di mezzo, e Simone. Lui, il maggiore, vanta a curriculum diverse esperienze in Serie D. Destro di piede, mancino di mano. L’opposto di Lorenzo. Tutti e tre Crisetig. Con la “e” accentata e la “g” dolce. La storia della sua vita, la storia della loro vita.
Fonte: gazzetta.it