La storia di Lautaro inizia e si sviluppa con gli occhi stretti e indemoniati di chi detesta la panchina. Un filo lungo vent'anni che lega un ragazzino affamato di gol con l'uomo di oggi, il bomber dei due mondi bramoso di piazzare bandierine. Prima di diventare campione del mondo, d'Italia e del Sudamerica, però, Lauti se ne stava triste a bordocampo a guardare i suoi coetanei divertirsi. Era la stellina del Racing di Avellaneda, ma lì davanti giocava un suo amico, Brian Mansilla, considerato più pronto di lui. La sua vita è cambiata un fine settimana di metà estate, un po' come è successo negli Stati Uniti due notti fa, e grazie a un torneo giocato da riserva. "Eravamo a Mar de la Plata. Entrai al posto di Brian, infortunato, e segnai il gol vittoria".
Come contro la Colombia. Lautaro è subentrato nel primo tempo supplementare, ha arpionato un pallone a metà campo, ha avviato l'azione e poi ha segnato l'1-0, regalando all'Argentina la seconda Coppa America di fila dopo quella del 2021. Oltretutto, da capocannoniere: cinque gol in sei partite. Lautaro ha chiuso uno dei due anni migliori della sua carriera - l'altro è il 2022, quello del Mondiale - allo stesso modo in cui ha dato lo slancio definitivo alla sua vita: subentrando dalla panchina con occhi affamati. Lui che fuori dai titolari proprio non sa stare, come ha ribadito anche il c.t. Scaloni: "Ha sofferto l'esclusione, ma non ha mai smesso di lavorare". Lautaro è tutto qui. Uno che magari ti fa capire in modo chiaro che non ama stare fuori, ma che quando entra a gara in corso è in grado di tirare la stoccata decisiva. Il 2024 è stato l’anno della seconda stella nerazzurra, della Serie A vinta da capocannoniere con 24 reti e anche della Coppa America, la seconda in carriera. Alla lista, ora, mancano la Champions e il rinnovo con i nerazzurri, il cui annuncio è previsto al rientro dalle vacanze: accordo fino al 2029, dieci milioni di stipendio bonus compresi e nessuna clausola rescissoria. L'argentino firmerà appena tornato ad Appiano Gentile, poi inizierà a costruire il prossimo stendardo da piazzare. Destinazione, Europa. Ha incastonato lo scettro del bomber sui due mondi che l'hanno reso la punta che è oggi, leader tecnico ed emotivo dell'Inter e futuro della nazionale. Lautaro è partito da Bahia Blanca, un puntino dai tramonti color vaniglia, e poi ha iniziato a scalare una parete di roccia.
Ha iniziato da centrale difensivo, si è specializzato come punta, ha salutato il suo paesino per il Racing e poi è tornato a casa, spezzato dalla nostalgia, salvo poi riprendere la scalata ed esordire al posto di Diego Milito. L'Italia, invece, l'ha reso uomo, padre, capitano e campione d'Italia. Prima con Antonio Conte, poi con Simone Inzaghi, l'allenatore che più di tutti l'ha capito: "Ci lascia giocare liberi e sereni". Lautaro l'ha raccontato alla Gazzetta due mesi fa, prima di salire sull'aereo e fare come Giulio Cesare a Zela: veni, vidi, vici. Di nuovo. Stavolta da protagonista. Lunedì ha detto di "aver pagato il debito" dopo il Mondiale, vinto con una caviglia malandata. Con l'Inter ne ha un altro altrettanto grande, la Champions, sfumata in finale nel 2023. La smania di conquiste lo aiuterà a salire ancora. Intanto, si godrà un po' di mare insieme alla famiglia con una medaglia in più, prima di ricominciare a correre sorpassando chiunque gli capiti a tiro. L'annata 2024-25 dei nerazzurri sarà lunga quanto il Cammino di Santiago, ma nessuno avrà tempo di godersi il panorama: il 17 agosto l'esordio col Genoa, poi la Champions, la Coppa Italia e il Mondiale per club, in programma negli Stati Uniti dal 15 giugno al 13 luglio con una formula rivoluzionata a 32 squadre. Lautaro dovrà tenere fede all'etichetta guadagnata già nel 2021, quella di "eroe dei due mondi", l’Italia e l’Argentina.
A volte il calcio si appropria della storia. Da noi si parla così di Giuseppe Garibaldi, in Macedonia dicono lo stesso di Alessandro Magno, che a vent'anni salì sul trono dopo l'assassino di suo padre, a 22 anni conquistò l'Asia Minore e a 24 fu proclamato "Faraone". Il percorso di Lautaro sta proseguendo in modo altrettanto lineare, anche se ovviamente non si parla di incrociare le lance con la falange macedone, ma di pallone: ha vinto la prima Coppa America e il primo scudetto a 23 anni, è diventato campione del mondo a 24 e a 26 si è migliorato, festeggiando la Serie A e la Coppa America da capocannoniere.
Fonte: Gazzetta.it