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Calcio

Lautaro, rabbia Pallone d'oro: ora vuole scudetto e Champions

Marco Fallisi
Lautaro, rabbia Pallone d'oro: ora vuole scudetto e ChampionsN/A
L'argentino, deluso per il settimo posto, punta ad una grande stagione in nerazzurro: il club lo supporta e la forma cresce

Il ruggito, quel ruggito, l’Inter e i suoi tifosi lo conoscono bene. Lo hanno sentito una notte di due estati fa, quando Lautaro Martinez si caricò la squadra sulle spalle alla prima partita ufficiale giocata dopo la finale amara di Istanbul: un gol e poi un altro al Monza, per scattare subito, e poi ancora tanti, tantissimi altri fino alla stella. Un campionato dominato, uno scudetto stravinto nel segno di Lautaro. Perché il Toro rientra nel club ristretto dei giocatori che maneggiano alla perfezione la formula magica per fondere rabbia e delusione forgiando trionfi. Eccola, la storia di Lautaro: pesa, eccome se pesa, come pesano i trofei che il capitano dell’Inter ha messo in fila in salotto tra successi in nerazzurro e in nazionale, eppure i giurati del Pallone d’oro non l’hanno ritenuta all’altezza di un piazzamento migliore del settimo posto finale. Lautaro ha assaporato le emozioni della cerimonia di Parigi, ha incassato il verdetto, ha risposto con una rete inseguita per 78 minuti a Empoli, quasi spinto da Inzaghi e da tutta la squadra, quindi ha detto la sua: «Sinceramente mi aspettavo di più. A volte questi premi non vengono decisi in maniera giusta». 

Non si aspettava di vincere Lautaro, magari questo no, ma di arrivare più in alto senz’altro. Il tutto legittimato da una stagione straordinaria, giocata da protagonista assoluto con l’Inter come con l’Argentina: a decidere l’ultima Coppa America è stato proprio lui, capocannoniere del torneo sudamericano dopo aver chiuso davanti a tutti gli altri bomber anche in Serie A. Ecco, il pensiero e le impressioni di Lautaro sono state condivise da chi gli sta intorno, a cominciare naturalmente dall’Inter: «Tutti ci aspettavamo una posizione migliore — ha detto ieri Javier Zanetti, vicepresidente e bandiera nerazzurra —, ma questi premi sono così. Lautaro deve stare tranquillo, ha vinto tanto e ha il riconoscimento di tutte le persone che giocano a calcio». Tra loro anche il più forte del pianeta: Leo Messi, plurivincitore del riconoscimento di France Football e ultimo vincitore prima di Rodri, il Pallone d’oro glielo avrebbe consegnato con un no-look: «Lautaro lo merita più di tutti, ha fatto una grandissima stagione». 

Lautaro ha masticato amaro, e la reazione è comprensibile: «Non ho nulla da invidiare a Mbappé, Haaland, Kane e Lewandowski, sono seduto al loro stesso tavolo», diceva in tempi non sospetti, e aveva ragione. Due se li è messi alle spalle, gli altri due lo precedono al confine con l’Olimpo dei migliori. Avrebbe potuto superarli tutti già alla terza nomination della carriera, potrà farlo presto, molto presto, sfruttando anche la molla che questo piazzamento insoddisfacente farà scattare nella testa e nelle gambe. E allora Lautaro si prepara a tornare alla carica sfornando i numeri che più gli piacciono: altro che voti e punteggi, qui parliamo di gol. Che dovranno tradursi in nuovi successi, perché la scalata all’oro passa sempre e solo da qui: la missione è doppia, vincere ancora in Italia e centrare uno storico bis scudetto che all’Inter manca dai tempi di Mourinho, e tentare il colpo grosso in Champions. L’Inter si è attrezzata per lottare sui due fronti con una rosa che più profonda di così non si può, Lautaro si è armato di esperienza mondiale, spalmata su due continenti: la Coppa America alzata in “stile Inter”, da bomber implacabile come in nerazzurro, lo aiuterà a scrollarsi di dosso anche le scorie dell’ultima Champions e di quel rigore malandrino nella notte di Madrid. «Vincere la Champions e farlo da capitano sarebbe una bella ciliegina», ha detto a Icon.  Il cammino si è aperto con il passo giusto, perché tra un acciacco e l’altro di questo inizio stagione (oltre alle scelte di turnover, che lo hanno visto cominciare sempre in panchina in Europa) Lautaro ha rotto il ghiaccio al terzo tentativo, contro la Stella Rossa, poco dopo essersi sbloccato in campionato. Le reti di Roma e di Empoli hanno fatto il resto, anche perché la condizione si avvicina a quella ideale, come ha ammesso il diretto interessato al Castellani: «Ho riposato poco dopo l’ultima stagione lunghissima, ma ora sono contento perché sto rientrando in forma».

Chi lo conosce, sa bene che il Toro non sceglie: fosse per lui, le giocherebbe tutte e tutte fino alla fine, come è successo a Empoli, con quella voglia matta di cancellare la delusione per il Pallone d’oro e — soprattutto — di scacciare i fantasmi di un derby di Italia giocato sotto tono, senza la capacità di incidere delle serate migliori. Il momento all’orizzonte, però, è delicato: domenica arriva il Venezia, ma Arsenal e Napoli chiamano già. Per questo, non è da escludere che Lautaro e Inzaghi non pianifichino dieci giorni mirati, per presentarsi al meglio ai due appuntamenti che contano: un turno di riposo con il Venezia, poi lo sprint tra coppa e Napoli prima della sosta. La corsa all’oro richiede la messa a punto perfetta.

Fonte: Gazzetta.it