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Calcio

Leader, paratutto e super sui rigori: l'Italia nelle mani di Gigio

Andrea Elefante
Leader, paratutto e super sui rigori: l'Italia nelle mani di GigioN/A
Contro il nostro portiere oltre il 35% dei penalty non finisce in rete e la percentuale si alza nelle partite con la Nazionale dopo i 120’

Avendo la certezza che certi dati possano pesare fino a diventare costante, ci sarebbe quasi da augurarsi di andare ai rigori, sabato a Berlino. Perché il passato neanche troppo lontano - tre anni fa - dice che in porta abbiamo una specie di polizza assicurativa: Gigio Donnarumma. La sua percentuale di esultanze a undici metri di distanza dal tiratore è già considerevole analizzando solo le gare con i club e con la Nazionale nei 90’: 21 gol evitati su 59 (14 rigori parati e 7 sbagliati), dunque un 35,5%. Vuol dire più di un rigore su tre non terminato alle sue spalle. Ma quel dato diventa stratosferico aggiornando la media con i soli shootout.  Parliamo delle famigerate giostre dei rigori nelle gare a eliminazione diretta dell’Italia. Tutte all’ultimo Europeo: 55,5%, più di uno su due. Ovvero quattro incassati e cinque festeggiati, e il ricordo della frustrazione di Olmo e Rashford per la loro mira sbagliata rimanda alla riflessione su quanto un armadio come Gigio, anche solo con i suoi 196 centimetri e la sua apertura alare, possa restringere la porta e indurre all’errore; il ricordo della disperazione di Morata e cinque giorni dopo di Sancho e Saka, tre anni fa a Wembley, è ancora un brivido da campioni d’Europa. Tutti e tre ipnotizzati con un tuffo ad altezza lato forte, il sinistro. Lo stesso dove lunedì è andato a incagliarsi Modric.

Ma non dai soli rigori parati viene giudicata la reputazione di un portiere. E se ogni squadra e dunque anche questa sua Nazionale è un progetto di palazzo solido - antica definizione di Luciano Spalletti - si può ben dire che Donnarumma si sia già portato avanti: ha messo le fondamenta della casa, evitando che fossimo già a casa. Alessandro Buongiorno ieri raccontava dei complimenti fatti dai compagni a Mattia Zaccagni, tanto più dopo aver scoperto, mercoledì sera, che senza il suo gol alla Croazia sarebbero già saliti sul charter Dortmund-Milano-Roma. Vogliamo immaginare che almeno altrettanti ne siano stati fatti al portiere: se una parata decisiva può pesare quanto un gol, figuriamoci otto.

Quella su Manaj, al tramonto della partita con l’Albania, ci ha permesso di arrivare al dentro-fuori con la Croazia con due risultati buoni su tre; le cinque (almeno) prodezze con la Spagna hanno protetto la differenza reti e soprattutto il momento psicologico della squadra, che sarebbe uscita ancora più dolorante (cit. Spalletti) da quella sconfitta; il volo sul tiro di Sucic - la sfida con i croati era appena iniziata - aveva evitato una salita da scarpinare per altri 85 minuti più recupero; il rigore parato a Modric e un no a Budimir avevano rinviato (di poco) il momento della resa momentanea. Come dire: è molto probabile che saremmo già a casa se non ci fosse stato Gigio, non solo senza quell’arcobaleno di Zaccagni.  Tre domande si sono intrecciate l’una con l’altra in questi giorni, “chiamando” due risposte certe e una affascinante. Donnarumma è finora l’azzurro dal rendimento migliore? Sì, e siamo ai dati oggettivi: il punto fermo più fermo che abbiamo, per resa fra i pali e pure carisma. La fortuna di avere accanto ogni giorno un padre putativo - ma Gigi preferisce di sicuro fratello maggiore - come Buffon, può avergli concentrato ancor più il sangue del leader che gli scorre nelle vene; può averne fortificato il dna della guida.

Donnarumma c’era tre anni fa, dunque a chi è nuovo di questo torneo può raccontare episodi, trasmettere sensazioni di un sogno costruito quasi a sorpresa. La seconda domanda: Gigio è il miglior portiere visto finora in questo Europeo? Sì, e non si pecca di patriottismo. E ancora: Donnarumma oggi può sentirsi degno dell’etichetta di miglior portiere del mondo? Più difficile stabilire parametri certi, ma Gigio ci va vicino. Sicuramente è uno dei pararigori più temuti in assoluto, come da “status” solidificato proprio dalla frequentazione degli shootout di un Europeo: se un giocatore svizzero sabato dovesse sistemare il pallone sul dischetto, sarebbe difficile non pensarci.

Fonte: Gazzetta.it