In altri tempi, sembrava una follia anche soltanto immaginare di poter mettere piede al Camp Nou coltivando la speranza di uscirne senza le ossa rotte. Oggi, invece, la storia è diversa.
Certo, è innegabile che il nuovo corso Laporta-Xavi stia cercando di riallacciare i fili del Barcellona attuale con il decennio lungo avviato da Franck Rijkaard nel 2003 e concluso idealmente dall’addio di Luis Enrique nel 2017. Il periodo catalano più glorioso, soprattutto per il culmine estetico raggiunto con un debuttante della panchina come Pep Guardiola in sella. Ma la sensazione è che giovedì sera (diretta DAZN dalle 18:45), il Napoli abbia una vera possibilità per mettere un dito nel costato del nuovo Barça. E capire se, davvero, il progetto di Xavi è sulla buona strada.
Quello che dicono i numeri
Alcune premesse iniziali non vanno trascurate. Xavi è tornato in Catalogna dopo un avvio stagionale quanto mai sofferto: un’eliminazione quasi scritta in Champions League (dove Ronald Koeman ha preso tre schiaffoni sia da Bayern Monaco che Benfica) e soprattutto la miseria di 18 punti in 13 giornate.
Da quando è subentrato, l’ex mente del Barça di Guardiola ha raddrizzato notevolmente la rotta. Al punto che i blaugrana si ripresentano in Europa forti di una rimonta in La Liga che li ha visti salire dal nono al quarto posto (in coabitazione con l’Atletico Madrid), a -4 dal Betis Siviglia terzo (ma con una partita giocata in più) e con una sola sconfitta nella nuova era. 7 partite fa, proprio contro gli andalusi dell’ingegnere Manuel Pellegrini.
Tutto bene, verrebbe da dire. In realtà, non vanno trascurati i passaggi a vuoto. Il 2-2 nel derby catalano con l’Espanyol, ultimo turno di campionato, ma anche le sconfitte di coppa. Il 3-2 a Bilbao negli ottavi di Copa del Rey (20 gennaio) e lo stesso ko rimediato per mano del Real Madrid nella semifinale di Supercoppa di Spagna (12 gennaio). Che il Barcellona non sia ancora competitivo nei confronti con pari taglia?
Il nuovo-vecchio Barça
Come ha sottolineato Dario Marcolin nella puntata di Like Tattico dedicata al big-match di UEFA Europa League (contenuto disponibile ora su DAZN), il Barcellona ammirato a tratti dalla chiusura del mercato invernale si ispira chiaramente al modello guardiolano di squadra. L’idea di riaggressione e pressing, l’utilizzo di Ferran Torres (uno dei rinforzi di gennaio) da falso nueve e i meccanismi degli esterni di fascia ricreati dal ritorno di Dani Alves (da vedere e rivedere la rete di Jordi Alba contro l’Atletico Madrid per credere).
Ma proprio qui si esauriscono le similitudini attuali. Un po’ perché Dani Alves non è stato inserito in lista UEFA (con notevole sospiro di sollievo dalle parti del Vesuvio), un po’ perché trattasi ancora di un progetto in divenire. E proprio il successo più convincente del nuovo ciclo, il 4-2 contro l’Atletico Madrid, ha svelato anche tutti i limiti di una squadra che si ispira al proprio ciclo più glorioso in fase di possesso palla, ma non ha ancora l’intensità e la sincronia sufficienti per reggere in fase difensiva.
Piqué può tornare il miglior difensore al mondo?
È una domanda tanto retorica quanto importante. Il diretto interessato, qualche giorno fa, ne ha fatto una missione personale. “Il mio obiettivo è tornare a essere il miglior difensore al mondo”, ha dichiarato. Peccato che, al momento, il processo di ringiovanimento del fresco 35enne sia andato poco oltre.
Come ha analizzato Marcolin, il gol dello 0-1 segnato dall’Atletico Madrid nasce proprio da un suo movimento fuori linea che manda in tilt i compagni di reparto. E, in generale, resta la sensazione che il passare del tempo non abbia fatto altro che complicare il suo contributo, specie quando si tratta di difendere con molto campo alle spalle (situazione tattica che, a intuito, giocando in questo modo capiterà di frequente). Aggiungete alla considerazione la possibile assenza del suo Puyol attuale, Ronald Araujo, e capirete di cosa stiamo parlando.
Certo, se poi volete anche guardarvi il secondo gol incassato nel derby dell’ultimo weekend contro l’Espanyol capirete meglio come Eric Garcia difficilmente lo aiuterà nell’operazione nostalgia.
Il Barça che è lecito attendersi
“Cruyff ha dipinto la cappella Sistina. Rijkaard, van Gaal ed io abbiamo soltanto aggiunto qualche pennellata”, disse tempo fa Guardiola. Molto probabilmente fra pochi anni potremo aggiungere il nome di Xavi a questa lista di epigoni del Profeta. Ad oggi, però, la realtà è quella di una squadra di transizione. Che sta provando a innestare nuovi (anzi, vecchi) concetti di gioco e rinforzi mirati su un telaio logoro, non troppo coperto là dove entra il freddo.
Con l’arrivo a gennaio di Ferran Torres e Adama Traoré, Xavi è parso orientarsi in via definitiva su un 4-3-3 con falso nueve. Un classico della storia catalana. Il manifesto programmatico sta tutto nella prima ora di gioco contro l’Atletico Madrid. Dani Alves (ma in Europa non giocherà, ribadiamolo!) e Jordi Alba a correre sulle fasce, Busquets a dirigere le operazioni affiancato da Frenkie de Jong e Pedri, Torres a muoversi in attacco coadiuvato da Gavi e dal dirompente Adama Traoré. Proprio questa sembra l’arma tattica da temere di più per il Napoli, un giocatore unico nel suo genere che pare addirittura aver beneficiato del passaggio dalla Premier League a La Liga (tutti gli avversari sono meno fisici di lui, ma a certe latitudini la forbice si apre a dismisura: Mario Rui è avvertito).
E il discorso potrebbe addirittura peggiorare se si aggiunge all’equazione la tentazione di regalare a Pierre-Emerick Aubameyang (rinforzo dell’ultimo secondo di mercato) la prima maglia da titolare. Sinora, il suo arrivo in blaugrana è coinciso con due subentri tutt’altro che indimenticabili. Ma si tratta sempre e comunque di un attaccante che ha segnato un gol pesante al Napoli di Rafa Benitez ai tempi di Dortmund, una punta in grado di aggiungere velocità alla fase offensiva del Barça.
L’occasione del Napoli
Le minacce sono chiare. Il possesso palla sarà il punto forte degli uomini di Xavi, indipendentemente dal fatto che si confermi il 4-3-3 con Torres esterno sinistro e uno tra Gavi e de Jong al fianco di Busquets o che si viri verso il 3-4-3 per evitare guai sulla fascia con Dest. Comunque vada, il piano gara sarà schiacciare il piede sull’acceleratore finché le gambe reggono. E, in caso di difficoltà, ricorrere alla torre Frenkie de Jong per il finale di gara.
È tutto il contorno che può solleticare la fantasia di Luciano Spalletti. Soprattutto le praterie che si apriranno alle spalle dei lenti e distratti Piqué e Garcia. “Un aspetto tattico importante del Napoli è quello di saltare la pressione avversaria – ricorda Marcolin -. A volte con il gioco, a volte con Ospina. Che, se capisce che tutti i giocatori sono marcati, va a cercare direttamente la testa di Osimhen”. Lasciare alle spalle le paure europee e mettere in un angolo i cattivi ricordi è possibile soprattutto così.
Ricordandosi del potenziale offensivo di una squadra stretta e corta come il Napoli. Dotata di un centravanti con tutte le doti per poter creare imbarazzo alla difesa del Barcellona. Che non può più difendere bassa per non andare contro la propria storia, ma che non pare avere ancora la forza difensiva per poter sorreggere il nuovo-vecchio corso tattico.