Non si è sentita nessuna sirena, né domenica sera a San Siro, quando gli interisti uscivano con facce da cimitero mentre gli altri Diavoli ancora saltellavano, né ieri in Viale della Liberazione, dove dietro alle scrivanie c’era lo stato maggiore del club. E anche oggi nessun allarme ululante si ascolterà ad Appiano: il derby-horror ha lasciato una patina amara in tutti i nerazzurri, ma l’allerta non ha superato il livello di guardia. Delusione sì, voglia di reagire pure, ma senza “drammatizzare” troppo il momento interista, anche perché la stagione si sta sviluppando solo adesso: c’è ancora un certo grado di imprevedibilità che accompagna le partite, soprattutto quelle più complesse e ravvicinate. All’uno-due City-Milan Simone Inzaghi è arrivato con un gruppo un po’ svuotato, sia nel fisico che nella testa. Anche di questo si discuterà oggi nel rendez-vous tra allenatore e dirigenti in arrivo al centro sportivo per la ripresa degli allenamenti. Il realismo che porta a non alzare i toni (ci sono stati momenti in cui era ben più forte la pressione societaria su Simone) è lo stesso che impone, però, di considerare i freddi numeri: è la partenza peggiore dell’Inzaghi interista, perfino nella stagione nera 2022-23 dopo cinque giornate i punti erano di più (9 contro gli 8 di adesso, in ogni caso pochini).
Alla Pinetina si userà pure la parola più masticata: turnover. Lo staff tecnico e il gruppo dei dirigenti condividono, infatti, il punto chiave da cui passerà l’intera stagione: l’Inter è stata programmata e resa più profonda del passato per competere sia in patria che fuori, e vuole essere fedele fino in fondo a questa missione. Insomma, non sarà una serata no, seppur dolorosa, a far cambiare le priorità e a obbligare la squadra a imporre una scelta. Non esiste bivio Serie A-Champions davanti ai nerazzurri, anzi Inzaghi vuole infilarsi in entrambe le strade, convinto pure di percorrerle fino in fondo. Certo, la tempistica dispettosa non ha aiutato: è già di suo complesso passare dal City al Milan in tre giorni, con in più un ritorno ritardato dall’Inghilterra. La convinzione, però, è che, col tempo e con una condizione generale migliore, l’Inter potrà presto affrontare due big match ravvicinati senza pagare troppo. La classifica delle Serie A, ancora molto bloccata, aiuta comunque a tenere il buon umore, nonostante gli schiaffi ricevuti da Pulisic e Gabbia.
Nel centro di allenamento oggi ci si ritroverà dopo un giorno di riposo, volutamente confermato da Inzaghi proprio per andare oltre il rossonero. A volte la prima reazione di fronte a una sconfitta urticante è imporre del lavoro supplementare alla truppa sconfitta, mentre Simone non vuole punire un gruppo che quasi mai aveva tradito prima di domenica. Serviva riordinare le idee prima, mentre oggi servirà scambiare opinioni ai piani alti. Accanto all’allenatore ci saranno i dirigenti operativi, dal presidente Beppe Marotta al d.s. Piero Ausilio, dal vice d.s. Dario Baccin al vicepresidente Javier Zanetti. Il confronto è quello che accade sempre, soprattutto nei giorni in cui ci si ritrova al campo, anche se stavolta bisogna analizzare un evento imprevisto: alla vigilia il derby pareva una commedia allegra, ma si è trasformato in un thriller con finale shock. L’occasione della mazzata all’altra metà di Milano è stata sciupata: è stata tramortita l’Inter, ma non le certezze che il gruppo di Inzaghi aveva seminato negli anni. La gelata del Milan non ha fatto seccare la piantina che c’è sul balcone di Simone. Ciò che è accaduto domenica sera, quel senso di impotenza manifestato soprattutto nel secondo tempo, ha sorpreso comunque tanti in casa Inter.
È considerato figlio di fattori diversi: il Milan è stato sorprendente, ma la stanchezza del dopo Manchester ha avuto un peso, pure grosso. In realtà, è stata pagata soprattutto l’onda lunga delle troppe partite: la marmellata tra club e nazionali ha portato alcuni big a essere per il momento in condizione davvero traballante. Lautaro è il segretario di questo partito, per questo si penserà a un lavoro speciale per lui: bisogna riportarlo ai suoi standard in tempi brevissimi, anche con sedute personalizzate. Certo, è stato notato che l’argentino e un declinante Mkhitaryan avrebbero potuto riposare anche col Diavolo, e i cambi hanno aggiunto confusione nel reparto di centrocampo, snaturato come mai prima d’ora. È stato, però, apprezzato il discorso finale di Inzaghi che, a mente fredda, ha dato un calcione a qualunque possibile alibi. Da capo-brigata, si è preso l’intera colpa di tutti gli errori serviti a cena. Se possibile, si è spinto pure oltre nel rovesciarsi addosso responsabilità eccessive: secondo l’idea societaria, i contorni di questa disfatta non sono da esasperare troppo. L’unica cosa da fare è ridare gas, in Italia e in Europa: tutti uniti e stretti attorno a Inzaghi, ma diretti sia in Serie A che in Champions.
Fonte: gazzetta.it