È il 2013, l’Europa League è nata da pochi anni e tante squadre sconosciute ai più si affacciano sul palcoscenico continentale.
E quell’anno, su quel palcoscenico, il Ludogorets ci sale di prepotenza. L’Europa si accorge della squadra di Razgrad già durante la fase a gironi, chiusa in testa al girone, ma sono i tifosi della Lazio a restare scottati: quel sorteggio sulla carta “agevole” ai sedicesimi si trasforma in incubo, quando il Ludogorets, dopo aver espugnato l’Olimpico, passa il turno grazie al 3-3 di Sofia.
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Dal fallimento al top del calcio bulgaro
Il Ludogorets, però, lo sappiamo, ha sede a Razgrad e occorre quindi mettere un po’ di ordine. Il club nasce addirittura nel lontano 1945 (nome completo appunto Professional Football Club Ludogorets 1945) e deve il suo nome alla regione nella quale si trova la città: Ludogorie, calco del termine turco “Deliorman”, ovvero “foresta pazza”.
La società fallisce nel 2005 ma pochi anni dopo il Razgrad 2000 ne acquisisce il titolo e la storia. La svolta arriva nel 2010, con l’acquisto da parte di Kiril Domuschiev, che porta letteralmente il club nell’elite del calcio bulgaro.
Promozione in Parva Liga (la massima serie) al primo anno, treble al debutto e da lì ben 11 titoli nazionali consecutivi. Certamente per gli investimenti di Domuschiev, che hanno dato alla società una base economica senza pari in Bulgaria, ma soprattutto grazie alla gestione societaria.
Il Ludogorets è stato sin dall’inizio il collettore dei più forti giocatori della Bulgaria, pescando poi dal Sudamerica giovani talenti che hanno permesso al club di tenersi in attivo e diventare un riferimento nel contesto del calcio bulgaro (uno dei tanti esempi: Palomino arriva in Italia proprio dal Ludogorets, venduto per 4 milioni dopo essere stato preso a zero l’anno prima).
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Gli investimenti di Domuschiev si allargano anche allo stadio. Il vecchio Dyanko Stefanov Stadium è stato ristrutturato nel 2011 fino a diventare la Ludogorets Arena, il “tempio del calcio nel nord-est” da oltre 10.000 posti, inaugurato in Europa nel 2017 (ed ecco perché la sfida con la Lazio si giocò a Sofia), che oggi ospita anche le partite della Nazionale.
E che oggi porta il nome di Huvepharma Arena, uno dei gruppi farmaceutici di cui Domuschiev è proprietario.
Fun fact: una delle due tribune porta il nome di Cosmin Moti, visto in Italia a Siena, eroe del playoff contro l’FCSB che portò il Ludogorets per la prima volta alla fase a gironi della Champions quando, schierato da portiere, segnò un rigore parandone addirittura due.
Dal top del calcio bulgaro all’Europa
Oggi il Ludogorets punta ad affermarsi come una solida realtà anche in campo europeo. È ospite fisso in Europa League, in cui non passa però il turno dal 2020, anno in cui ai sedicesimi fu eliminato dall’Inter. Anche stavolta tra i bulgari e la seconda fase c’è un’italiana, la Roma, costretta a sua volta a vincere per ribaltare il 2-1 dell’andata.
Proprio l’andata ci dice che il Ludogorets è tutt’altro che un avversario comodo. La squadra allenata dallo sloveno Ante Simundza sa giocare a calcio, non disdegna il possesso e anzi, riesce spesso ad imbrigliare gli avversari in una fitta rete di passaggi, come nella sfida di settembre.
Con individualità interessanti. Su tutti Kiril Despodov (infortunato e in dubbio per la sfida con la Roma), 25enne talento passato anche in Italia, a Cagliari, ma senza lasciare il segno, e Bernard Tekpetey, esterno ghanese classe 1997. A dare fantasia al centrocampo è invece il brasiliano Cauly, in gol all’andata, mentre in difesa non manca l’esperienza, con Anton Nedyalkov terzino e capitano, presenza fissa anche in Nazionale.
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Roma-Ludogorets: una sfida che sa già di Derby
L’ingrediente principale del Ludogorets è dunque la sua forte identità col territorio: dal nome, come detto, al colore, il verde che richiama la foresta, fino al simbolo... e qui torniamo a quell’incrocio con la Lazio.
E non solo perché si tratta di un’aquila, proprio come la Lazio. In quella famosa sfida del 2014 all’Olimpico, Domuschiev è rimasto folgorato dal volo di Olimpia, tanto da volere una mascotte tutta sua, per la sua squadra.
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“Se ci eliminate vi regalo un’aquila”, ha detto Lotito, forte di quel sorteggio “agevole”. Ed è stato di parola: qualche settimana dopo il passaggio del turno, Domuschiev si è visto recapitare la sua aquila. Con tanto di nome scelto con un sondaggio dai tifosi (proprio come Olimpia...), Fortuna.
Una storia che lega a doppio filo il Ludogorets e la Lazio e che aggiunge benzina sul fuoco alla sfida di giovedì. Una partita decisiva per la Roma che, a pochi giorni dalla stracittadina, sa già di Derby.