La costruzione dal basso ormai siamo abituati a vederla in varie categorie e con sviluppi diversi. Con annessi spaventi per i tifosi e qualche topica che porta a gol comici. Non è un vezzo, non è una moda: è una strategia per costruire meglio le azioni d’attacco stanando gli avversari, e la buona riuscita dipende dalle qualità dei giocatori e dell’organizzazione dei tecnici. Davide Possanzini è uno di questi e il calcio che sta proponendo con il Mantova balza all’occhio.
Nasce proprio da lì, dalla costruzione dal basso. E porta lontano, vista la sorprendente promozione della stagione scorsa dalla Serie C e il positivo avvio di questa. Possanzini, tempo fa, in un’intervista alla Gazzetta aveva detto che il suo calcio è nato quando giocava: era un attaccante e non sempre i palloni gli arrivavano puliti, così si confrontava con i suoi allenatori per trovare un modo per migliorare le giocate. Quando ha smesso di giocare e s’è messo in panchina, nel 2013, ha cominciato a sperimentare nel settore giovanile del Brescia le sue idee. Il resto l’ha fatto l’incontro con Roberto De Zerbi, accanto al quale ha lavorato a Foggia, Palermo, Benevento e Sassuolo. Un giorno ha detto basta, ha deciso di correre da solo, non ha seguito l’amico (che un po’ ha storto il naso) in Inghilterra e ha trovato nel Mantova la piazza dove mettere in pratica con il 4-2-3-1 tutta la teoria accumulata. Poi viene il bello. Quando si trova il varco per avviare l’azione, ecco il terzino destro salire lungo la fascia, ecco il trequartista di sinistra allargarsi, ecco i due trequartisti svariare con grande libertà senza dare punti di riferimento.
Ma il vero elemento decisivo è il centravanti. Possanzini preferisce Mensah a Mancuso (nessuno dei due è punta centrale, ma la fa) che viene incontro, riceve palla, fa salire la squadra e la smista per gli inserimenti dei compagni. Dalla lentezza iniziale si passa a una velocità d’azione fulminea. Spesso letale. Ma è possibile che gli altri allenatori non sappiano trovare rimedi? In C ci sono riusciti in pochi. In B il solo Pagliuca (Juve Stabia) ha saputo opporre un pressing efficace. Già, il pressing: strategia che impedisce all’avversario di giocare, ma estremamente dispendiosa (sconsigliata quindi a inizio stagione e con il gran caldo...) e comunque da organizzare a puntino, altrimenti negli spazi lasciati liberi il Mantova va a nozze. Possanzini lo sa bene e ha le contromisure adatte. Non cambierà mai idea. In ogni caso, una sua partita merita di essere vista. Tutto parte appunto dalla costruzione. La palla gira tra i quattro difensori e il portiere Festa, che è un vero regista. Un giro palla a tratti snervante: non è raro vedere il centrale Redolfi fermarsi al limite dell’area con il piede appoggiato sul pallone per diversi secondi ad aspettare la reazione degli avversari, così come spesso la palla viene rispedita a Festa, anche dopo le verticalizzazioni per i due mediani che si abbassano e puntualmente scaricano all’indietro. Noioso? Rischioso? I tifosi del Mantova ormai ci hanno fatto l’abitudine e i defibrillatori non sono più necessari, ma la sconfitta con la Juve Stabia è arrivata prendendo gol proprio da un disimpegno sbagliato.
Fonte: Gazzetta.it