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Maradona un anno dopo: ritratto del 10 con assenza

Maradona un anno dopo: ritratto del 10 con assenzaDAZN
Maradona è sempre il 10, El Diez. Maradona è dieci cose, quasi sacre e molto profane. Come la sua vita. Come un anno in sua assenza.

1. Maradona è mondiale

Ho visto Maradona ballare sul mondo. Anzi, mentre palleggia con un mappamondo è la prima volta che mi torna in mente. Aveva la maglia dell’Argentina e credo fosse per un servizio fotografico del Guerin Sportivo, al centro del San Paolo, lieve e immane. Jorge Luis Borges amava più d'ogni cosa le finzioni e le “idiosincrasias”, contrasti con cui di-spiegava i suoi universi. E senza mai parlare di Maradona, lo coniugava al plurale, al mondiale. Maradona per amore di una fragile grandezza, Maradona beato e arrestato, Maradona rinato e caduto, Maradona dio sinistro, santo maledetto. Maradona fatto di sangue e gol immensi. E di certi sguardi in cui s’intravide l’infinito.

Mexico 1986: Diego Armando Maradona è la Mano de Dios

2. Maradona è una stella rossa

Non solo la Mano di Dio e il gol più bello nei secoli dei secoli. Il calcio di Maradona è fatto di capolavori e c'è chi sempre s'abbevera dei suoi miracoli italiani, atomi d'autunno 85: la punizione oltre la fisica contro la Juventus, o il lob da metà campo al Verona ancora per poco campione d’Italia. E c’è un Maradona di Kusturica dove rivive il primo Diego di Barcellona: quello che, in Coppa delle Coppe nel 1982, travolge la Stella Rossa. L’atmosfera è quella del Marakana di Belgrado e dei leggendari centomila spettatori. Maradona riceve palla a centrocampo e se l’incolla al piede, correndo terso e soave verso il povero 4 jugoslavo: peso indietro, pallonetto in corsa dal limite dell’area, un gol che così solo Messi, stesso numero, stesso piede, stessa maglia. E quasi la stessa magia.

3. Maradona è liturgico

C’entrano molto la Mano de Dios o il tetragramma D10s, e anche le nicchie dei Quartieri Spagnoli con i ceri e le maglie, i fiori e i palloni, nel sincretismo religioso di Maradona. Anzi nella sua liturgia laica, che altrimenti tocca dire dell’Iglesia Maradoniana di Rosario coi suoi credo e sacramenti, preghiere e festività. Del suo nono comandamento Llevar Diego como segundo nombre y ponérselo a tu hijo (Usa Diego come secondo nome e chiama così uno dei tuoi figli) e del fatto che a Napoli, nel 2021, trent’anni dall'ultimo scudetto, 250 bambini sono stati chiamati Diego, più 16 Diego Armando (senza virgola). Meno delle “sue donne” o più dei suoi cinque figli, quelli riconosciuti. Poi poi tocca dire che quest’anno all’anagrafe ci son stati pure due Diego Armando Maradona.

Maradona con la maglia del Napoli

4. Maradona è iconoclasta

E non ci piove, nemmeno fuori dalle nicchie. Apro brevissima parentesi della mia prima volta a Napoli quando chiesi al tassista: «Con un’ora di tempo, mi porta a fare una foto al cuore della città?». Ed eccomi nei Quartieri Spagnoli, Via Emanuele de Deo al 60, dove Maradona ha la maglia del Napoli scudettato ed è alto dieci metri, quanti sennò. Ci volle un carrello elevatore per dipingerlo su un palazzo scrostato di sei piani, eppure molti anni dopo sul volto di Diego fu aperta una finestra. Oggi è restaurato e, così naif, molto più bello del Maradona senior di via Taverna del Ferro a San Giovanni a Teduccio, con la barba bianca e gli occhi austeri. Ne hanno fatto un altro e questo sì solo bellissimo a Frattamaggiore, dal volto giovane e fiero in tono azzurro, quello dei giorni immortali. Prove imponenti di una street-art napoletana che molto attinge dal Che cubano, perché Maradona è iconografico. Di più, iconoclasta.

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5. Maradona è stato puro

Poi ci sono le strade di Baires e i muri e le strade che circondano La Paternal, lo stadio dell’Argentinos Juniors, dove è iniziato il mito Maradona. Furono due ore di sogni in torpedone, ogni volta via dalla povera Villa Fiorito: fin da quando, a nove anni, la sua visione di gioco iniziò a sconfinare il calcio. Chi ci è stato, dice e scrive che lì vige un’atmosfera specialmente sommessa, come protetta dalle esagerazioni che pure hanno presto abitato Diego. Per esempio, non ci saranno celebrazioni ufficiali del primo anniversario senza Maradona perché la Paternal è già meta di pellegrinaggi intimi. Vengono in molti a lasciare un ricordo, una maglietta, e pregano per lui, che qui ha la maglia rossa dei Bichos e una nuvola nera di capelli. E un sorriso di purezza primordiale.

6. Maradona è stato amato

C’è chi dice che sia stato abbandonato prima ancora che Diego abbandonasse sé stesso. Di certo è stato, è e verrà sempre amato d’un amore incondizionato. Come vorremo ricordarlo? Ognuno ha il suo Maradona da portare ai comizi d’amore. Io per esempio, manco così originale, parlo sempre di quel demone onnipotente che a Stoccarda, il 3 maggio 1989, si mise a ballare e palleggiare. Invincibile, carnale e irriverente, come quando anche noi tutti diamo del nostro meglio per un potere. Per poter essere ricordati. Perché vivere è vita e quella di Maradona è stata solo irresistibile.

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7. Maradona è stato odiato

Amato moltissimo, odiato per un giorno da tutti. Maradona è sparso in molti frammenti perché ha rivendicato la libertà di dissiparsi, dispensando bellezza e tristezza. Presto ha anche cominciato a drogarsi e fin dai tempi del Barcellona, quando aveva vent’anni. L’abbiamo visto portato via da Napoli con le pupille miotiche. L’abbiamo visto allucinato ai Mondiali di USA 94, mentre segnava un altro gol senza tempo alla Grecia, con il cuore impazzito, urlando al mondo la sua ultima grandezza. Veniva da qualche comparsata coi Newell’s Old Boys, che avevano nelle giovanili un Diez di sette anni chiamato Lionel Messi. E chiuse la sua storia con l’Argentina (da calciatore) accompagnato per mano fuori dal campo da un’infermiera coi capelli rossi. Come ai tempi gloriosi della Mano di Dio, un’altra icona, ma stavolta infelicissima, del fragile impostore. Quel giorno tossico di fine pena mai da scontare con sé stesso.

8. Maradona è le Malvine

In Italia, nel 1982, Giovanni Spadolini presiede il primo governo retto da un non democristiano con la formula del Pentapartito, agli albori delle larghe intese, mentre il comunista Pio La Torre viene assassinato a Palermo per aver introdotto l’associazione di stampo mafioso e Roberto Calvi, il Banchiere di Dio, muore impiccato in una Londra fosca come la politica. E quando giunge l’estate e finalmente le cronache sono solo dei Mondiali di Bearzot e Pertini, Tardelli e Paolo Rossi, le Falkland sono quello sperduto teatro di guerra fra l’Argentina militare e il Regno Unito della Thatcher. Falkland? Ah sì, le Malvine! Quell’arcipelago dell’Atlantico al largo della Patagonia. Che tanto poi ci ha pensato la Mano de Dios a punire Inghilterra e derivati.

Diego Armando Maradona ai Mondiali di Mexico 1986 vinti dalla sua Argentina

9. Maradona è trasversale

La guerra delle Malvine e il regno di Napoli dall’altra parte del mondo, con il tatuaggio del Che o l’amore per Fidel Castro come epicentro del mondo Maradona, non (solo) un mito dello sport ma mito di tutto. Come Ayrton Senna, Gino Bartali, Arthur Ashe o Muhammad Ali, uomini trasversali, discussi e adorati, culti senza tempo. Anime “totalitarie” come le relazioni pericolose di Maradona, a colloquio con Chavez ed Evo Morales, ma anche affine molti anni prima al dittatore Videla dei Desaparecidos e alcuni dopo ad Ahmadinedjad negazionista dell’Olocausto. Infine sostenitore del Black Lives Matter, ma da tecnico dei Dorados di Culiacan, per certi aspetti la squadra del cartello di Sinaloa, Messico e narcos. Di superpoteri e irresponsabilità.

10. Maradona è di tutti

Anche di chi non lo vuole, perché noi tutti abbiamo visto Maradona icona del calcio e icona del mondo, mito divisivo che, come tutti i geni, non poteva vivere una vita normale. Diego è il Diez, è il Pibe de Oro, è la Mano de Dios, è il cuore di Napoli. Spiegarlo è impresa ardua o cosa facile se si dice 22 giugno 1986 e Stadio Azteca, Argentina-Inghilterra e quarti di finale dei Mondiali, quattro minuti d’arte pura e i due gol più famosi nella storia del calcio: il primo di mano, il secondo per sempre.

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