Ci sono partite maledette in cui non combini nulla di buono – anzi, magari fai pure imbelvire allenatore e tifosi – per novanta minuti. E ce ne sono altre in cui per mettersi comodi al volante e imboccare la discesa bastano 88 secondi. Theo e Rafa ci hanno messo meno di un minuto e mezzo per riprendersi il Milan. Per carità, non che l’avessero realmente smarrito ma, insomma, le prime tre partite culminate con la doppia clamorosa esclusione simultanea a Roma e quella brutta cartolina del cooling break vissuto da separati in casa, chiamava a gran voce un copione diverso. Chiamava la redenzione, chiamava la pace in famiglia, c’erano due figliol prodighi da riportare a Milanello.
È tornato il Theao e questa, fra le svariate buone notizie della serata contro il Venezia, è di gran lunga la migliore. Di sicuro, anche la più attesa. E pensare che il sornione Fonseca in vigilia aveva materializzato più di un punto di domanda dopo aver detto: “Se Hernandez e Leao saranno titolari? Non lo so, vedremo domani”. Silenzio in sala. Un po’ di pretattica, il tentativo di tenerli sulle spine o qualche reale pensiero di esclusione – magari solo uno dei due – generato dalle riflessioni su Liverpool e derby? In effetti il dubbio a Milanello un pochino ha aleggiato, per poi spegnersi di fronte a quello che, al netto delle legittime considerazioni dell’allenatore, sarebbe apparso un azzardo eccessivo. Più che altro dopo le vicende di Roma. Altro che esclusione: Theo capitano, Rafa vice (nulla di premiante o riabilitante, comunque, ma normali gerarchie in assenza di Calabria) ed eccoli sgommare quando più di qualcuno a San Siro doveva ancora prendere posto sui seggiolini. Anticipo secco di Theo su Oristanio, pallone allungato sui piedi di Leao che lo ha maneggiato di tacco come se fosse davanti alla Play, servendo il compagno sulla corsa. Poi, vabbè, il sinistro del francese è stato ciò che è stato, e Joronen in pratica se l’è buttata in porta.
Ma il gol c’è tutto ed è stata una creazione in proprio del Theao. C’era una volta una delle corsie sinistre più forti del mondo, che poi s’è smarrita. Spesso quando uno fa il prestigiatore, l’altro latita. E viceversa. In realtà i due non hanno proposto un’esibizione indimenticabile. Buona, decisamente buona, questo sì. Ma l’esigenza essenziale era lasciare un segno tangibile intorno a questo Milan, disperatamente bisognoso di prendere energia e coraggio dai suoi uomini migliori. Leao, sostituito intorno all’ora di gioco, non l’ha presa benissimo. Probabile che, vista la partita agevolmente in discesa, volesse provare a lasciare altri segni sul match. E’ uscito dal campo scuotendo lievemente la testa, poi ha mugugnato qualcosa, ma alla fine ha accolto l’abbraccio di Fonseca. Nuovo caso schivato… E Fonseca commenta così: "Leao? Sono molto soddisfatto del suo atteggiamento difensivo. Lui non voleva uscire, ma abbiamo la partita col Liverpool... Gli ho detto quanto mi sia piaciuta la sua partita difensiva e quanto lui abbia lavorato per la squadra". Al di là del risultato, è stato un Diavolo tutt’altro che perfetto, però se la partita si è indirizzata subito nel verso giusto è stato grazie ai due simboli ritrovati. Fonseca vuole un calcio dominante, Cardinale vuole un Milan globale e iconico, e martedì arriva il Liverpool in una delle sfide più iconiche che possano avere luogo in Europa: Hernandez e Leao sono i simboli perfetti di questo Milan che, in qualche modo, vuole provare ad arrampicarsi in alto anche oltreconfine.
Fonte: Gazzetta.it