Figlio di un acclamato sollevatore di pietre, la carriera di Julen Lopetegui, tanto da portiere come da allenatore o da opinionista televisivo è stata costellata di alti e bassi, imprese e cadute, trionfi e delusioni. Il momento più rappresentativo in questo senso è stato l’incredibile e surreale addio alla nazionale a tre giorni dall’inizio del Mondiale del 2018. Lopetegui nel 2016 era stato chiamato a rinnovare la Spagna decaduta di Vicente Del Bosque e in pochi mesi aveva fatto un grandissimo lavoro, portando la Roja in Russia con un percorso immacolato e virtuoso fatto di 4 pareggi e 16 vittorie, compreso il per noi dolorosissimo 3-0 al Bernabeu del settembre 2017 che spedì l’Italia di Ventura al fatidico playoff con la Svezia. Alla viglia del Mondiale fu licenziato in tronco da Luis Rubiales, presidente federale, perché il Madrid aveva annunciato un accordo col c.t. alla fine del Mondiale. Se ne andò da Krasnodar depresso e incredulo. Lopetegui aveva appena rinnovato il contratto federale, e Rubiales considerò la cosa come un tradimento.
Julen non aveva saputo resistere alla chiamata della Casa Blanca, lasciata orfana da Zidane, un club nel quale era stato canterano, era arrivato in prima squadra ed era tornato come osservatore e tecnico del Castilla ai tempi di Ramon Calderon. Spagna affidata a Fernando Hierro ed eliminata negli ottavi dalla Russia, Lopetegui in lacrime nella sua presentazione al Bernabeu e licenziato poco più di 4 mesi dopo al termine di un Clasico al Camp Nou chiuso con una gelida manita: 5-1 per i catalani. In poche settimane Lopetegui aveva perso tutto: una nazionale che giocava a meraviglia e che poteva fare grandi cose al Mondiale e il Madrid, che l’aveva sedotto e rapidamente abbandonato. L’estate successiva è stata di nuovo rilevante nella storia del tecnico basco, perché è quella del matrimonio col Siviglia. Lopetegui è il tecnico sul quale scommette Monchi, appena tornato al club dopo l’esperienza romana, per affidargli una rinascita assai complessa, visto che vengono presi niente meno che 15 giocatori nuovi. Lopetegui si rimbocca le maniche e porta il club del Sanchez Pizjuan al quarto posto in campionato e alla vittoria in Europa League contro l’Inter meritandosi il premio a miglior tecnico della Liga, e l’anno dopo fa il record di punti.
Contatto rinnovato fino al 2024, ma esonero nell’ottobre del 2022, come gli era già successo al Rayo Vallecano, al Porto e come detto al Real Madrid. Approdato immediatamente al Wolverhampton l’ha preso penultimo e l’ha portato al 13° posto, salvo poi dimettersi l’estate scorsa. Per dare un’idea del tipo, Lopetegui quando arriva dice ai giocatori che li inviterà a mangiare ogni volta che conquisteranno un clean sheet. Tecnicamente Lopetegui è un grande rappresentante della scuola basca che negli ultimi anni sta facendo benissimo sulle panchine: Xabi Alonso, Unai Emery, Mikel Arteta, Andoni Iraola, Imanol Alguacil e via dicendo. La regione del nord della Spagna sta producendo grandi tecnici che pur essendo diversi o molto diversi tra loro hanno una predilezione per il gioco offensivo, per il possesso palla, la pressione alta: gli ingredienti che costituiscono la base del Dna del calcio spagnolo. Con Lopetegui si è visto il miglior Isco della nazionale, per fare un esempio piuttosto significativo. Così come la Roja era ispirata dal "Mago" David Silva. Isco e Silva combinavano a meraviglia con Carvajal e Jordi Alba, terzini che diventavano attaccanti aggiunti e imprevedibili: una Spagna rapida e avvolgente, piena di piedi buoni (Iniesta e Thaigo Alcantara oltre ai due già citati). O il miglior Suso ai tempi del Siviglia, una squadra che aveva in Banega il suo cervello e che al contrario della Spagna, che non sempre aveva un centravanti puro, si giocava con un ‘9’ vero come Luuk De Jong o En-Nesyri mostrando la grande duttilità ed intelligenza tattica di Lopetegui.
Andando più indietro l’allenatore basco fu il primo a mettere in luce le grandi doti di incontrista di Casemiro, quando lo prese in prestito dal Madrid al Porto, restituendolo a Zidane che ne fece il cardine delle 3 Champions consecutive. “Al talento non si possono mettere vincoli, il calcio è e sarà sempre dei calciatori, noi allenatori siamo solo qui per aiutare” ha detto Lopetegui al Global Summit dell’ottobre scorso. Poche parole per spiegare il suo modo d’intendere il suo sport e la sua professione.
Fonte: Gazzetta.it