Siamo sempre qui, come, cosa chi? Vivo, morto o X? Sembra un paradosso citare l'interistissimo Ligabue per analizzare la situazione della Juventus di Thiago Motta, ma, al tramonto del terzo pareggio consecutivo in Serie A (quarto se si include pure quello in Champions in casa dell'Aston Villa), la sensazione resta sempre la stessa. Che dia l'impressione di essere "viva", come dopo i due gol rimontati al Bologna, o "morta", come dopo il gol di Rebic al 93' a Lecce, la Juve resta sempre lì nel mezzo, in un anonimo limbo che significa sesto posto in classifica, primato distante al minimo 7 punti (al netto delle gare in meno delle avversarie) e corsa al piazzamento Champions più complicata di quello che si potesse prevedere in estate dopo un mercato da oltre 200 milioni. Perché il problema dei pareggi, nel calcio dei tre punti, alla fine è proprio quello: ti danno sempre l'impressione di essere in corsa, ma quando poi ne sommi troppi (per i bianconeri sono 11 su 20 partite complessive stagionali, oltre il 50%) ti ritrovi in un guado di mediocrità. Arrivati quasi a metà campionato, la Juve di Thiago Motta ha 9 punti in meno rispetto a quella di Allegri dello scorso anno, che, dopo l'1-0 al Napoli firmato Gatti, con quasi un identico score di gol fatti e subiti (23-9 365 giorni fa, 23-10 oggi) inseguiva l'Inter a -2 in classifica.
Quella formazione sarebbe poi crollata dopo la sconfitta nello scontro diretto con l'Inter a inizio girone di ritorno, questa, invece, non ha ancora mai dato la sensazione di poter dare una svolta, in un senso o nell'altro. Anzi, forse ultimamente, dopo le ultime due X, il bicchiere sembra essere più mezzo vuoto che mezzo pieno. Se l'ultima Juventus di Allegri, nella prima parte di campionato, dava, infatti, la sensazione che prima o poi il gol in qualche modo sarebbe arrivato (i bianconeri avrebbero chiuso la stagione a quota 16 gol segnati sugli sviluppi di calcio piazzato su 54 complessivi), quella attuale dà l'impressione esattamente opposta. Se la Juve di 365 giorni fa aveva fatto 10 punti in 4 partite negli scontri diretti (contro Napoli, Milan, Inter e Lazio), questa ne ha vinto appena uno su 5 (contro i biancocelesti). Quella Juve teneva meno palla e faceva meno passaggi, ma calciava di più rispetto a quella attuale che è ottava in Serie A per tiri totali (188 in 15 partite) e nona per tiri in porta (54 in 1350').
Ma probabilmente sarebbe ingeneroso paragonare il rendimento in queste prime 15 gare di campionato di un allenatore al debutto sulla panchina bianconera con quello di chi era alla sua terza stagione. Quindi, se torniamo indietro alla prima stagione del secondo ciclo di Max juventino, Thiago Motta può un minimo sorridere: quella Juve aveva 3 punti in meno (24, con già ben 5 sconfitte all'attivo) e pagava un distacco più ampio dalla quarta (-7), ma, stava cominciando a svoltare, visto che era arrivata alla terza vittoria in quattro gare. E se quella Juve era zavorrata da una partenza ad handicap da 2 punti in 4 giornate, questa sembra invece godere dell'avvio lanciato (da settembre a oggi sono arrivate appena 4 vittorie in 13 turni). E il credito dell'ambiente per l'allenatore italo-brasiliano adesso segna la spia della riserva. Le critiche, infatti, oltre ai fischi e ai cori dei tifosi tra Lecce e Bologna, iniziano ad arrivare anche dagli ex. "Si diceva che Allegri fosse molto difensivo, invece adesso sembra che Thiago sia più difensivo di Max e abbia meno punti. È stato preso Motta proprio per il gioco, però il gioco non si vede tanto", la puntura di Marco Tardelli alla Rai. "Sono nei guai, perché le squadre si stanno sentendo a loro agio a giocare contro di loro, credono di poter vincere. Le altre squadre non hanno paura e su questo Thiago Motta deve lavorare", l'analisi di Alessandro Del Piero alla Cbs. Siamo sempre qui, come, cosa chi? Vivo, morto o X? Cosa sia o sarà la Juve di Motta ancora non si vede...
Fonte: Gazzetta.it