Error code: %{errorCode}

Calcio

Non solo Zaniolo. Gasp tiene tutti sulla corda, a partire da Retegui: "Imparate la Dea"

Andrea Elefante
Non solo Zaniolo. Gasp tiene tutti sulla corda, a partire da Retegui: "Imparate la Dea"N/A
Serve un atteggiamento più compatto del gruppo per una squadra da titolo

Essere squadra. Anzi: essere più squadra. Gian Piero Gasperini non conosce altra via per diventare l’Atalanta che tutti stanno immaginando: una serissima candidata allo scudetto. Lui un po’ meno da sempre, fedele come i suoi dirigenti alla prudenza di chi teme troppo facili illusioni ed eccessive pressioni; ma pure al realismo di chi meglio di chiunque altro conosce il materiale che allena. E siccome il cammino della Dea è già abbastanza lastricato di celebrazioni, lui sabato ha preferito guardare il bicchiere mezzo vuoto, della vittoria di Cagliari; non sottovalutare l’impressione che in questo momento per certi obiettivi sia pronta solo "una buona fetta di squadra", ma non tutta.  Così il suo messaggio di fine partita è stato forte e chiaro: telegramma per tutti, perché nel dubbio è sempre meglio tenere l’intera squadra sulla corda, visto mai che chi non ha sbagliato a Cagliari possa farlo un’altra volta; destinatari particolari, però, un paio. Il tecnico non ha fatto nomi - non ne fa quasi mai - ma l'esegesi delle sue dichiarazioni porta con pochi margini di errore a capire a chi si riferisse. In particolare a Mateo Retegui e Nicolò Zaniolo: uno per tempo, due facce diverse della stessa medaglia di insoddisfazione del tecnico. Riservati soprattutto a loro quei concetti non pessimistici, semmai un po’ delusi e ancora un po’ rabbiosi, come i suoi gesti e i suoi sguardi negli ultimi minuti della partita, tarantolato davanti alla panchina. Sicuramente non pensieri rassegnati, anzi. Frasi come "non siamo pronti con tutti per obiettivi importanti"; "gli altri si devono far trainare da chi è già pronto"; "per arrivare in fondo c’è bisogno di maturità da parte di tutti", da Gasperini erano state scelte, e spese, per ottenere nel tempo un altro salto di qualità. 

Il tecnico si aspetta anche progressi puramente calcistici, e in questo - ad esempio - la prestazione di Brescianini è stata inferiore alle aspettative: ma parliamo di un adattato al ruolo di trequartista offensivo, quando non attaccante esterno, e dunque ci può stare di non trovare la posizione e i tempi di inserimento nella manovra offensiva. Però è nell’atteggiamento che non transige: per questo non gli sono andati giù alcuni comportamenti, quasi tutti, di Retegui, non a caso sostituito dopo 45’; e qualche mancanza, solo alcune, di Zaniolo.  Il centravanti veniva da due panchine consecutive: già un segnale di qualche perplessità del Gasp. Nessuna bocciatura: solo che nell’Atalanta non ci sono intoccabili, ci sta di stare fuori e vale per tutti. Ma proprio perché quelle esclusioni erano state in qualche modo un messaggio, da Retegui il tecnico se ne aspettava uno di ritorno. E invece, al di là di una fase offensiva di squadra faticosa e penalizzante in particolare per lui, lo ha visto senza fame. Quasi anonimo, avulso. Poco disposto alla volontà feroce con cui ha conquistato velocemente tutti. Neanche la foga che, ad esempio, lo ha portato a sbagliare il 3-1 contro il Milan e, peggio, il 3-3 contro il Real, una volta subentrato. Quasi che i 14 gol già segnati siano un’apertura di credito illimitata, a prescindere. Con Gasperini non ne esistono: ha sempre avuto centravanti di squadra, e pure Scamacca lo è diventato anche più di quanto non lo fosse già “naturalmente”, avendo caratteristiche anche tecniche diverse da Retegui.  Quanto a Zaniolo, al di là del gol - bello, puntuale, da giocatore che “sente” la porta - il suo ingresso in campo ero stato incoraggiante anche proprio per l’atteggiamento propositivo, non solo per i segnali lanciati a livello di condizione, senz’altro in crescita. Il ragazzo gli stava piacendo: è stato il “dopo” che non è piaciuto al Gasp. E non si parla solo dell’esultanza, che ha scelto di bacchettare più per evitare in futuro problemi “ambientali” che perché l’avesse trovata così grave. Quell’egoismo in una volata verso la porta due contro uno che avrebbe chiuso la gara: sprecata male, invece di favorire il solissimo Lookman, per la troppa voglia di chiudere in gloria il pomeriggio con una doppietta. Quell’indolenza nel portare il primo pressing o comunque rientrare in fase difensiva, quando il Cagliari stava tentando gli ultimi assalti. Gasperini aveva azzardato, per mettere presto Zaniolo (e Samardzic): al 65’ - quasi mezzora con il rischio di restare in dieci - aveva già esaurito i cambi, ma con la tacita richiesta di avere, quando necessario, un contributo di sacrificio da parte di tutti. Soprattutto in Zaniolo non lo ha visto, per questo ha detto alla fine: "Ok la vittoria, ma sarei stato più soddisfatto se ci fossimo difesi con tutti. Anche il finale di una partita dobbiamo farlo da squadra". E bisogna saperci entrare, in una squadra come l’Atalanta.

Fonte: Gazzetta.it