Quando l’Inter inizia ad allenarsi - sono le 18 - un rumore copre pure la voce di Simone Inzaghi, una miriade di uccelli che vola sopra lo stadio Wankdorf. Baccano, qualche risata, pure un po’ di cattivi pensieri da scacciare, perché il malaugurio anche no, non ce n’è bisogno. L’Inter ha bisogno di correre, per andare a prendersi i tre punti contro lo Young Boys ed entrare nel G8 della Champions League, nelle prime otto classificate, che è in fondo l’obiettivo di società e staff tecnico. Il nono posto dopo 180 minuti conta poco ma provoca comunque un leggero fastidio. Meglio mettersi nel gruppone giusto, da subito, come nelle tappe ciclistiche. Meglio farlo prima che il calendario europeo si complichi, in termini di coefficiente di difficoltà, tra Arsenal, Lipsia e Bayer Leverkusen da affrontare da qui fino a dicembre.
Ecco perché Inzaghi ha allontanato il pensiero sulla Juventus: "Non c’è il rischio inconscio di pensare alla Juventus, siamo abituati a ragionare di partita in partita: qui affrontiamo una squadra molto fisica che è abituata a giocare le coppe da tanti anni". Mezza verità e una bugia d’ordinanza, perché Inzaghi ha sì scelte limitate – l’Inter è qui in Svizzera con 16 giocatori di movimento più due Primavera, Aidoo e Berenbruch -, ma qualche calcolo pensando a domenica lo fa, altro che se lo fa. Altrimenti non resterebbero fuori dai titolari, almeno stando alle indicazioni della vigilia, Bastoni, Dimarco, Thuram e Lautaro: sette cambi dall’inizio rispetto all’undici di domenica all’Olimpico. Ma l’Inter ha bisogno di essere… puntuale. Il simbolo di Berna è la Torre dell’Orologio, a tre chilometri scarsi dallo stadio. Il meccanismo deve essere perfetto, anche tra i giocatori dell’Inter. Il primo motivo è la classifica, appunto. Con 16 punti – dicono i calcoli – si ha la ragionevole certezza di tirare dritto agli ottavi di finale senza passare dal turno preliminare. E i punti vanno presi qui. Contro la Stella Rossa l’Inter ha già dimostrato di essere in grado di dominare le partite anche senza alcuni riferimenti soliti dentro il campo. Come a dire: il turnover è diventato una regola, ma in partite come queste la regola si applica con maggiore leggerezza. Questo, almeno in linea teorica. Perché – ed ecco il secondo motivo – la partita cade prima di una sfida che scotta in campionato. E Inzaghi lavora anche contro il precedente di settembre: allora, dopo la sfida di Manchester e una notte passata in Inghilterra, arrivò la sconfitta nel derby. Stavolta, come un mese fa, la squadra dormirà qui anche stasera dopo la partita.
Ed è il pensiero che Inzaghi vuole togliere dalla testa dei giocatori: l’ha fatto pubblicamente, ma anche nei colloqui avuti ieri e lunedì con la squadra, chiedendo uno sforzo indirizzato solo sulla gara di oggi. C’è poi il terzo motivo: l’Inter ha bisogno anche mentale di un filotto di risultati, per cancellare i dubbi di inizio stagione. Con lo Young Boys l’obiettivo è la quinta vittoria consecutiva. E la terza senza gol subiti, dopo lo zero registrato da Sommer con Manchester City e Stella Rossa. Per i gol, non c’è ThuLa da Champions. Non c’è mai: mai in coppia Thuram e Lautaro, domani partiranno ancora in panchina, entrambi fuori. L’uomo di coppa per eccellenza è Taremi. Ed è un bell’andare: per intendersi, della rosa nerazzurra solo Lautaro (13 reti) ha segnato più dell’iraniano in Champions (11). Vicino a lui ci sarà Arnautovic, che ha il “compito” di tenere più a riposo possibile i titolari. "A Roma la squadra mi è piaciuta molto, ho fatto i complimenti ai ragazzi per come ha interpretato la partita", ha voluto sottolineare Inzaghi, come a ribadire il buon momento dei suoi. E poi, un po’ per sottolineare l’importanza della serata: "È una gara di Champions, non ne ricordo di facili – ha aggiunto l’allenatore dell’Inter -. Giochiamo contro una squadra che non è partita bene, ma è tornato l’allenatore della scorsa stagione e hanno vinto contro il Lucerna. Ci saranno delle difficoltà che dovremo superare: servirà anche qui l’atteggiamento mentale giusto". Ma l’Inter di coppa non tradisce (quasi) mai. E nella testa di tutti brucia ancora – buon segno – la notte di Madrid dello scorso marzo contro l’Atletico. Avanti, allora.
Fonte: gazzetta.it