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Calcio

Più bastone che carota: la cura Gasp ha funzionato. E Scamacca ora è un top

Giorgio Dusi
Più bastone che carota: la cura Gasp ha funzionato. E Scamacca ora è un topN/A
Da "deve correre di più, se no non farà nulla di buono" a poco "spirito Atalanta". Ma anche tanta fiducia nelle doti nel suo attaccante, ecco come il tecnico ha pungolato Gianluca. Il risultato? Nell'ultimo mese e mezzo si può considerare l’attaccante più caldo d’Italia
"Un attaccante completo". Prima del quarto di finale di ritorno del suo Liverpool contro l’Atalanta, Jürgen Klopp aveva inquadrato così Gianluca Scamacca. Una settimana prima la sua doppietta ad Anfield aveva messo in ginocchio i Reds: "Ma non è solo per i gol, anche per come si muove, per come gioca fuori dall’area". Completo, appunto. Da un mese e mezzo a questa parte si può probabilmente considerare il numero 90 nerazzurro come l’attaccante più caldo d’Italia. Non solo per via degli 8 gol segnati nelle ultime 10 partite, 5 dei quali decisivi per portare la sua squadra in vantaggio (più uno per il pari e due per il 2-0).  "Il problema è considerarlo un grande campione: ad oggi non lo è, sta lavorando per diventarlo", aveva dichiarato Gian Piero Gasperini a fine febbraio, dopo il deludente cameo di San Siro contro il Milan. Una mezz’ora finale zeppa di errori tecnici, distrazioni, un atteggiamento che i tifosi atalantini non hanno apprezzato, tanto che in quella settimana sono piovute critiche nei suoi confronti: sembrava davvero che la scintilla con Bergamo non fosse mai scoccata. D’altronde i numeri a fine febbraio erano lontani dall’essere quelli di un attaccante da trenta milioni di euro, bonus compresi, soffiato all’Inter in un testa a testa durato settimane a suon di offerte al rialzo per convincerlo. 7 gol in 7 mesi, un’intermittenza fisica che gli ha impedito di avere continuità in campo, un paio di doppiette, qualche buona giocata spalle alla porta, gol da urlo (il tacco di Empoli) ma anche digiuni di quasi 60 giorni tra una rete e l’altra. Postumi dell’infortunio al menisco, certo, ma anche di un modo di giocare ben lontano da quello che gli era richiesto: troppa staticità, poco campo coperto. Lacune riassunte nel monito del Gasp a gennaio: "Deve correre di più, se no non farà nulla di buono". Poco "spirito Atalanta": bastone, più che carota.  E poi è arrivato il tour de force a cavallo tra fine febbraio e inizio marzo. Cinquanta minuti in campo, pochissimo di buono tra Milan, Inter e Bologna. In mezzo, quella frase di Gasperini che ha evidentemente fatto scattare qualcosa nella testa del classe 1999, che ha ritrovato la titolarità a Lisbona, segnando il gol decisivo per l’1-1 e fornendo una prestazione sontuosa. Sarebbe stata la prima di una lunga serie che ancora non si è chiusa: il gol decisivo anche al ritorno con lo Sporting, il diagonale con il Napoli, lo show di Anfield, la semirovesciata contro la Fiorentina. Highlights di 50 giorni vissuti praticamente da insostituibile, da faro dell’Atalanta, punto di riferimento dentro l’area di rigore in grado di fare la differenza su tutto il fronte offensivo: ricercando la profondità, imbucando per i compagni o ribaltando il gioco con aperture di primissimo livello. Correndo, sempre. Tanto. Come voleva Gasp. E poi facendo gol, ciò che gli riesce indubbiamente meglio, motivo per cui a Bergamo in estate si è scelto di puntare su di lui. "Non ho mai perso la fiducia e nemmeno il sorriso", aveva ammesso il diretto interessato a metà marzo, alla vigilia del ritorno con lo Sporting. Vedeva la sua crescita, sentiva che quel momento, il suo momento, stava per arrivare.  "Sentimento di rivalsa? Nessuno. Ora sto raccogliendo i frutti di un percorso iniziato sette mesi fa". Così aveva risposto dopo la notte di Liverpool ad una domanda sulla mancata convocazione di Spalletti in azzurro a marzo. Farne a meno a giugno, in queste condizioni, sarà difficile, se non impossibile. Percorso, per l’appunto, che non è ancora terminato: manca un mese, mancano altre partite decisive: una, la finale di Coppa Italia, la dovrà saltare per l’ammonizione rimediata a 10 minuti dal termine del match con la Fiorentina. Di occasioni per segnare altri gol pesanti, comunque, non ne mancheranno. Sin da inizio stagione in Curva Nord campeggia un due aste a lui dedicato: “The Lion King”. Ecco, è il caso di dirlo: Scamacca ha iniziato a ruggire.