Ci sono notti che hanno un peso diverso, in cui i tifosi si stringono, piangono, pregano. Per una partita o per una trattativa. E allora lì anche i soldi assumono un peso differente, davanti ai sentimenti. Questo è quello che succede la notte del 19 gennaio 2009, quando una folla di tifosi rossoneri si raduna in via Turati, sotto la sede del Milan, intonando cori e accendendo fumogeni. Sono in più di 500. Uno striscione recita: "È una questione di cuore. Società non vendere, Kakà non chiedere". Ma facciamo un passo indietro. La trattativa che dovrebbe portare Kakà al Manchester City è più di un’ipotesi e - come se non bastasse - il ragazzo è spinto dal papà Bosco Leite che lo vede bene in Premier League. Il City è un club che sta facendo le prove generali per diventare grande e la strategia è quella di fare la spesa nei migliori club d’Europa. Tradotto: dall’ Inghilterra stanno preparando una pioggia di milioni, pronti a ricoprire sia il Milan che il trequartista: 120 al diavolo e più del doppio dell’ingaggio al brasiliano.
La mattina del 19 gennaio il padre calca la mano, chiama Mansour e poi si lancia a convincere il figlio. Nel frattempo, ad Arcore, Silvio Berlusconi, Fedele Confalonieri e Adriano Galliani si domandano se è effettivamente il caso di accettare le lusinghe del City. Sembra tutto fatto, mancano solo i dettagli. Gary Cook, presidente operativo dei citizens, è pronto a chiudere l’operazione. In realtà, nella testa del giocatore, le cose non sono così chiare. “Non ero convinto del progetto del City, soprattutto nessuno aveva parlato con me. Non ero sicuro che il progetto funzionasse”. Quindi, l’improvviso colpo di scena. Una cinquantina di tifosi del Milan, decide di lasciare via Turati per spostarsi in via Aurelio Saffi, sotto alla casa di Kakà. Il martellamento incessante di cori e invocazioni funziona e ha gli effetti sperati.
Kakà, poco dopo le 20, si affaccia dalla finestra, battendosi il pugno sul petto e salutando i tifosi. Qualche minuto più tardi, il secondo affaccio, come un pontefice: stavolta Ricardo impugna una maglia del Milan e si lascia andare un “resto”, con sorriso annesso, che vale più di ogni conferma. Si scatena il delirio. Di lì a poco arriva il definitivo sì di Berlusconi. “Kakà resta al Milan, è stata una scelta di cuore”, conferma felice il presidente. Poi gli fa eco lo stesso brasiliano. “Adesso posso dirlo ad alta voce, resto! Tutti i messaggi che mi avete mandato, il vostro calore, le lettere e gli striscioni mi hanno convinto a scegliere con il cuore”. Il City, pensando di averlo in pugno, rimane sconcertato. Soprattutto perché poi, sei mesi dopo, quel “non si vende Kakà” è diventato “arrivederci Ricky”. Impossibile, in estate, dire di no al blasone e ai milioni del Real Madrid. Ma quella notte resterà nella storia del mercato e tra i ricordi più belli per i tifosi del Milan.
Fonte: gazzetta.it