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Calcio

Quelle verità sbagliate su Lina Souloukou. De Rossi via, scelta americana

Alessandro Vocalelli
Quelle verità sbagliate su Lina Souloukou. De Rossi via, scelta americanaN/A
La proprietà della Roma è pronta ad avviare l’ennesima rivoluzione. Ma i Friedkin facciano chiarezza su cos'è successo e cosa sta succedendo

Si dice che i risultati coprano tutto. Non è così. I tre gol della Roma servono sicuramente per riprendere la corsa, per brindare al battesimo di Juric, per immaginare che Dovbyk possa essere davvero il goleador capace di indirizzare una partita. Ma il pomeriggio giallorosso, al di là della soddisfazione per aver battuto l’Udinese, è tutto nella contestazione della Curva, che è entrata in scena soltanto dopo mezz’ora. È tutta nei fischi che hanno accompagnato alcuni dei protagonisti e non si sono placati neppure alla fine della partita. È tutta negli striscioni e nei cori che, giustamente, hanno salutato Daniele De Rossi, una bandiera che nulla potrà ammainare. È tutta nell’elettricità che si respirava nell’aria. È tutta nell’ulteriore shock per le improvvise e clamorose dimissioni in mattinata dell’amministratore delegato, Lina Souloukou. La punta dell’iceberg di un fenomeno, anzi un trend, che sta accompagnando la vita del club giallorosso.  In pochi anni sono andati via altri amministratori delegati, altri dirigenti, direttori sportivi, allenatori, così lontani per esperienza e curriculum e così vicini per la passione che riuscivano a suscitare nel pubblico.

Bruciare Mourinho e De Rossi nel giro di otto mesi - l’ultimo addirittura in 4 partite dopo aver firmato per tre anni - è qualcosa che rischia di entrare nel libro dei record. E dopo aver detto a chiare lettere che è inammissibile costringere un dirigente a dover far ricorso alla tutela delle forze dell’ordine, resta a questo punto fortissimo il dubbio che siano dilagate troppe “verità” sbagliate, anche a proposito del ruolo decisivo che abbia avuto Lina Souloukou nelle ultime questioni. E che a a determinare il cambio improvviso di direzione, aumentando l’impatto emotivo degli altri protagonisti, abbia pesato - anche giustamente e anche per definizione - il volere assoluto della proprietà. Pronta ad avviare l’ennesima rivoluzione, che parte dalle stanze di comando per poi arrivare alla panchina. Sul nuovo indirizzo del club, infatti, si sta già discutendo. Chi prenderà in mano il timone a Trigoria? Chi si occuperà dei ruoli istituzionali, fondamentali anche nella gestione extra-campo? Chi affiancherà Juric nel curare le relazioni e la comunicazione, che - come si è visto - ha un ruolo decisivo? Chissà che, come si dice, ad assumere un impegno operativo ancora più sostanzioso, in prima persona, non sia il vicepresidente Ryan Friedkin

Nel frattempo, però, proprio lo scossone, anzi la bufera, che ha attraversato la Roma in quest’ultima settimana dovrebbe consigliare e spingere verso un primo, e radicale, cambiamento. A rovesciare quell’abitudine - silenzio, sempre e comunque - che tanto ha fatto rumore in questi tre anni. Un allenatore amato dai tifosi - e appena confermato per tre anni - che viene allontanato così bruscamente. Un amministratore delegato che se ne va a poche ore da una partita così importante, lasciando a metà anche altri tavoli fondamentali. Nessuno, ai Friedkin, potrà mai imputare una scarsa generosità, considerando il miliardo di euro investito nella causa giallorossa. Ma tutti, forse, possono chiedere - a loro o a chi è deputato a rappresentarli - di fare anche chiarezza su cosa è successo e cosa sta succedendo. Perché, come diceva Newton, spesso si costruiscono troppi muri e comunque mai abbastanza ponti.

Fonte: gazzetta.it