Il penultimo giorno di lavoro è pieno di ricordi, pensieri, cose da fare. Studi due frasi con cui salutare i colleghi, magari organizzi un piccolo rinfresco e pregusti quell’improvvisa calma che sostituirà la frenesia a cui eri abituato. C’è anche un po’ di ansia per quello che sarà, dopo una vita scandita dagli impegni professionali. Per un calciatore è tutto diverso. Per un campione che decide di chiudere in un grande torneo internazionale lo è ancora di più, perché non può sapere prima quale sarà l’ultima partita. A meno che non sia la finale. Capitò a Zinedine Zidane, nel 2006 a Berlino, e l’uscita di scena ce la ricordiamo tutti benissimo, non solo perché in campo quel giorno c’era anche l’Italia. Toni Kroos andrà in pensione alla fine di quest’Europeo e quindi magari già stasera se la Germania dovesse perdere nei quarti contro la Spagna. Se tutto andrà bene, invece, gli resteranno un altro paio di giornate di lavoro.
Ciò che sta pensando, l’ha detto in conferenza stampa: "So bene che potrebbe essere la mia ultima partita. Ma la cosa non mi dà fastidio, è più che altro una grande motivazione per allungare la nostra partecipazione all’Europeo. Convivo molto bene con questa cosa. Sarò felice senza calcio. Non ho paura del dopo perché sono stato io a prendere questa decisione, nessuno mi ha detto che dovevo dire addio. Amo ancora questo gioco e farò qualcosa che amerò allo stesso modo". Tra le tante cose che ci mancheranno di lui, scegliamo la semplicità: qualità dei più grandi. Un esempio per tutti, il passaggio filtrante per Vinicius nella sfida di Champions contro il Bayern in questa stagione. Una palla servita in modo letteralmente perfetto: tempi giusti, giri giusti, il compagno non ebbe nemmeno bisogno di stoppare per segnare. E fuori dal campo la stessa semplicità, quella che gli ha consentito di attraversare un paio di generazioni di campioni meritandosi il rispetto di tutti.
Dal 2015 cerca di aiutare bambini malati con la Toni Kroos Stiftung, la fondazione creata per restituire un po’ della fortuna che ha avuto. Per far sentire la sua mancanza, sta chiudendo la carriera con la solita dimostrazione di precisione: finora ha completato il 95% dei passaggi effettuati all’Europeo, 411 su 431. A volte i numeri sanno essere espressivi come un quadro. Stasera, a dirigere le operazioni nell’accampamento nemico, ci sarà Rodri e viene da pensare che lo stesso Kroos, nell’eventualità di dover chiudere proprio con la sfida di Stoccarda, sarebbe contento di smettere dopo un confronto con un altro enorme centrocampista. E ciò che al tedesco piace sicuramente dello spagnolo è il peso che ha nelle partite, figlio di un’evoluzione clamorosa che l’ha portato a diventare perfino più forte di Busquets, del quale è sempre sembrato l’erede naturale.
Ma Rodri con il tempo ha anche imparato a concludere l’azione, come dimostra la rete nella finale di Champions contro l’Inter. Al Manchester City Guardiola ne ha ampliato il bagaglio tecnico e tattico rendendolo il più bravo di tutti nel ruolo. Al punto che vincere contro di lui è... impossibile. Nella stagione 2023-24 Rodri ha perso una sola partita, la finale di F.A. Cup contro il Manchester United. In Premier è imbattuto: le tre sconfitte del City sono arrivate quando lui era assente per squalifica. I k.o. ai rigori in Community Shield e Champions contro Arsenal e Real Madrid non guastano la statistica e Rodri era in panchina quando la Spagna perse l’amichevole con la Colombia. Chissà se sarà lui a mandare in pensione Kroos.
Fonte: Gazzetta.it