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Calcio

Spalletti chiede scusa, Gravina cerca scuse: ma così l'Italia rischia di non fare i Mondiali

Stefano Agresti
Spalletti chiede scusa, Gravina cerca scuse: ma così l'Italia rischia di non fare i MondialiN/A

Almeno Spalletti ha chiesto scusa. Per l’eliminazione, per la delusione che ha procurato, per le modalità che l’hanno determinata: raramente, forse mai avevamo visto un’Italia tanto brutta, povera di gioco, di idee, anche di cattiveria agonistica. Almeno lui, il commissario tecnico, si è preso le colpe: "Sono il primo responsabile". E ha pure ammesso ciò che diciamo da tempo, più o meno da quando l’Europeo è cominciato: esiste una differenza profonda tra il ruolo di allenatore e quello di selezionatore. Come abbiamo scritto, non necessariamente un grande tecnico è anche un grande ct, e forse Luciano ha le caratteristiche per essere molto bravo quando può lavorare per tanto tempo con i calciatori, lo è di meno se li deve scegliere, allenare per pochi giorni e mandarli subito in campo. Restiamo convinti che sia così, benché Spalletti abbia legittimamente rivendicato di pensarla in modo differente: "Il vestito da ct mi sta benissimo, devo imparare velocemente". Il problema è che il tempo - il primo tempo - è già scaduto.

E un disastro si è compiuto. Almeno Spalletti ha chiesto scusa. Gravina ha cercato scuse. E ha dirottato le responsabilità altrove, comunque lontano da se stesso. Sotto la sua gestione l’Italia ha vinto un Europeo ma, dopo la grande notte di Wembley, i tifosi della Nazionale sono precipitati in un incubo. Eravamo scandalizzati dalla mancata qualificazione al Mondiale del 2018 in Russia - fallimento che era costato la poltrona a Tavecchio - e siamo riusciti a mancare anche quella a Qatar 2022, fatti fuori dalla Macedonia del Nord. Una disfatta che non ha provocato terremoti, né ai vertici della Federcalcio né attorno alla panchina di Mancini. Ora arriva questo nuovo clamoroso rovescio, il secondo in due anni. Eppure... Eppure il presidente federale non si prende responsabilità: le distribuisce agli altri. In modo equo, un po’ a tutti, e pazienza se per lui non rimane niente. Colpa degli stranieri, ad esempio: "In Italia il 67 per cento dei giocatori non è italiano". Come se in Inghilterra giocassero solo gli inglesi, o in Spagna solo gli spagnoli. Per non dire delle nazionali - ad esempio la Francia o la stessa Svizzera, ma il discorso potrebbe addirittura allargarsi fuori dall’Europa, in particolare al Brasile e all’Argentina campione del mondo - che sono costrette a richiamare quasi tutti i propri calciatori da altri Paesi e da altri continenti ogni volta che devono giocare una partita.

Altro colpevole: il calendario. "Ci sono norme che non favoriscono lo sviluppo del nostro calcio e nonostante ciò tutti vogliono ridurre lo spazio per le nazionali", dice Gravina. Ma è solo l’Italia che non ha tempo per lavorare? De la Fuente e Yakin, i due commissari tecnici che ci hanno dato lezione di calcio in questo Europeo, hanno avuto i giocatori a disposizione più di Spalletti? Oppure l’affollamento dei calendari - determinato esclusivamente dalla Fifa e dalla Uefa (di cui Gravina è vicepresidente) - è un problema comune a tutto il mondo? Solo per i nostri calciatori negli ultimi anni sono state aggiunte la Nations League, la Conference League, il Mondiale per club, altre partite di Champions? La verità è che, dopo avere visto gli azzurri agli Europei, e avere ascoltato le voci dei protagonisti, noi siamo preoccupati.

L’Italia, questa Italia, rischia di non qualificarsi nemmeno per i Mondiali del 2026. È necessaria un’inversione di tendenza immediata, ma possono darla gli stessi uomini che hanno combinato questo disastro? Gravina alza un muro attorno a sé, quasi infastidito per gli appunti che vengono mossi alla sua gestione e a quella di Spalletti. Racconta di un progetto che guarda al futuro, come se nel recente passato non ce ne siano già stati due, di progetti, naufragati miseramente: un Mondiale e un Europeo. E parla delle sue prospettive alla guida della Federcalcio come se ci dovesse essere un seguito anche oltre la scadenza del mandato, nel marzo dell’anno prossimo. Nel 2014 Abete e Prandelli si dimisero pochi minuti dopo la sconfitta contro l’Uruguay che ci costò l’eliminazione al girone eliminatorio in Brasile (e pensare che quella è rimasta l’ultima partita che abbiamo giocato in un Mondiale). Nel 2017 Tavecchio mollò sette giorni dopo lo storico e terribile 0-0 contro la Svezia che ci negò la qualificazione a Russia 2018. Gravina: "Non ascolto le critiche strumentali che si riferiscono alle mie dimissioni". Meglio parlare dei troppi stranieri e di quel calendario che ci è nemico.

Fonte: gazzetta.it