Il significato di “Pocho”? “Da bambino era molto vivace, questo nomignolo deriva da un cane che girava in un quartiere chiamato Pocholo. Mio figlio gli voleva bene, spesso lo rincorreva: gli amici hanno iniziato a chiamarlo così”.
Come ogni sudamericano, pure Ezequiel Iván Lavezzi ha sempre avuto il proprio soprannome. A svelare il motivo per cui, nel corso degli anni, è sempre stato chiamato così fu la madre, ormai tempo fa. Quella vivacità del piccolo Lavezzi è rimasta, anche in campo si è rivista in quel giocatore diventato grande con il Napoli: velocissimo, imprevedibile, tecnico, capace di segnare in tanti modi, bravo di destro e abile di sinistro, con un fiato infinito.
E soprattutto, quel carattere che ogni tifoso azzurro ha amato: in quello che fino a pochi anni fa era il San Paolo è diventato un idolo. In lui i tifosi rivedevano un qualcosa di Maradona, il Dio della città: l’attaccamento alla maglia, la voglia di non mollare mai, la scelta di restare a lungo a scapito di altre offerte (l’Inter provò a lungo a portarlo a Milano). Anche Lavezzi fa parte della storia del Napoli.
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Vice-campione del mondo
I suoi numeri: 522 presenze da professionista in tutte le competizioni con 142 gol e 119 assist in una carriera partita nel 2003 e terminata 16 anni dopo. Inizio con l’Estudiantes Buenos Aires (Argentina), l’ultimo capitolo nel 2019 con l'Hebei Zuqiu Julebu (Cina). In mezzo l’arrivo in Italia grazie al Genoa, il San Lorenzo e il Napoli, l’avventura più bella. Più del Paris Saint-Germain, con cui vinse tre volte la Ligue-1, tre Supercoppe francesi, due Coppe di Lega e una Coppa di Francia.
In azzurro “solo” la Coppa Italia nel 2012 con Walter Mazzarri in panchina. Poco rispetto al suo valore, ma in quel momento quel trionfo rappresentò tantissimo per il popolo napoletano. Con la Nazionale argentina 51 partite e 9 centri, arrivò secondo al Mondiale del 2014 (vittoria per 1-0 della Germania). Nel suo palmarès anche l’oro alle Olimpiadi di Pechino nel 2008.
Le difficoltà fuori dal campo
Nelle prime settimane del 2024 si è parlato molto della sua salute fisica e mentale. A gennaio è stato ricoverato in una clinica, la Dharma, per curare alcune dipendenze. Una struttura all’avanguardia, in passato utilizzata anche da star della musica e dello spettacolo, dotata di palestra e ampi spazi verdi: per lui si sono adoperati professionisti di alto livello, mentre il figlio Thomas – che a fine dicembre aveva postato su Instagram una foto con il padre, entrambi decisamente sorridenti – aveva smentito categoricamente le voci che volevano il Pocho finito in overdose.
Il mondo del calcio gli augura il meglio, ovviamente. Sperando di vederlo sempre sorridente come in quella foto o come quando, in campo, esultava.
Pocho Lavezzi commentatore
Dopo aver smesso con il calcio giocato, Lavezzi ha deciso di allontanarsi dai riflettori: poche interviste, poche apparizioni. Era stato lui stesso a raccontarlo: “Ho viaggiato tanto in questi anni e sto portando avanti alcune cose, ma nulla legato al calcio. Ho deciso di staccare”.
In carriera - soprattutto tra Psg e Cina - il Pocho è riuscito a guadagnare molto denaro. Tanto con l’Hebei, che gli garantiva un ingaggio da circa 20 milioni di euro netti all’anno. Così ha investito in alcune attività, viaggiando e godendosi la vita con Natalia Borges, amata compagna, attrice e modella brasiliana con un certo seguito su Instagram (128 mila followers).
Una volta “tornato” al calcio, si è dedicato a commentare le partite di Champions League con la squadra di Prime Video. Un privilegio per il Pocho, che a proposito di questa avventura parlò così: “Non parlerò mai con cattiveria, sarò onesto e obiettivo”. Come in campo, il suo mondo: lì dava tutto, specialmente per la sua gente, per i suoi tifosi. Quelli argentini e quelli napoletani. Che lui, in fondo, ha amato, ama e amerà nella stessa maniera.