No. Due lettere, una scelta di vita, svariati miliardi di lire ieri e milioni di euro oggi lasciati sul tavolo, tanto materiale per l’aneddotica di chi tempo dopo cercherà di trovare il perché e il per come del coup de theatre. Dicono no grazie, danno le spalle alla nuova avventura, restano dov’erano. Di solito, zero rimpianti. Lo fanno per orgoglio o per calcolo, per amore o per vanità, perché non se la sentono, perché è troppo presto o troppo tardi, perché anche i campioni ogni tanto sanno stupirci. Arabia (mai) esaudita per Dybala, che rinuncia a 75 milioni. Pensavamo fosse l’Al-Qadisiah, invece era una frenata, una retromarcia, polvere che si alza e ritorno a casa. Ogni rifiuto ha i suoi validi motivi. Le ragioni di Francesco Totti portavano dritte al cuore. Era il 2006, rifiutò il Real Madrid, sarebbe diventato il calciatore più pagato del mondo. Perché rovinare un’epica con una riga sull’almanacco che sia diversa dalla parola Roma?
Chissà, forse è vero che le mamme vedono il futuro in anticipo. Fu mamma Fiorella ad opporsi al trasferimento del figlio al Milan quando Francesco aveva 12 anni: era troppo presto per andar via da casa da solo. Anche Javier Zanetti ha cancellato il volo per Madrid. Era il 2001, questa la motivazione: "Considerai la famiglia, al Real sarei stato uno dei tanti. Volevo lasciare il segno all’Inter". Gigi Riva era un impasto di bellezza e virtù. Rifiutò almeno un paio di volte la Juve. Pudica coerenza, filosofia di vita dettata da un legame fortissimo con il popolo di Sardegna che l’aveva adottato. Anche il ventenne Pietro Paolo Virdis seguì la traccia del suo idolo, nell’estate del 1977 rifiutò la Juventus. Era appena morto suo padre, preferiva star vicino alla madre. Ma il Cagliari aveva bisogno di soldi, quindi partì. Ogni tanto nel calcio emerge un orizzonte romantico che non avevamo messo in conto. A puntare i piedi si guadagna la gloria. Cristiano Lucarelli divenne un’icona di Livorno, scendendo di categoria e dimezzandosi lo stipendio. Disse: "Ci sono giocatori che con i soldi guadagnati si comprano lo yacht, una Ferrari, una villa al mare. Io con questi soldi mi compro la maglia del Livorno". Appunto: "Tenetevi il miliardo", come da celebre autobiografia.
Nell’estate del 1979 Paolo Rossi era il calciatore più adorato d’Italia. Il presidente del Napoli Ferlaino offrì al collega Giussy Farina 5 miliardi di lire. Montò l’entusiasmo, ma anche le polemiche. Il sindaco di Napoli Maurizio Valenzi giudicò l’operazione vergognosa. "È una cifra pazzesca, considerando che stiamo parlando di una città angustiata da tanti problemi sociali ed economici". La questione sconfinò nella politica. Pablito si impuntò. Parlò di “spensieratezza giovanile”, i napoletani sostennero che nella scelta avevano pesato anche gli stereotipi sulla città. In tempi più recenti anche Simone Verdi ha rifiutato il Napoli. Scrissero che era stata la fidanzata a convincerlo a restare a Bologna. Allo stesso modo Domenico Berardi non ha mai voluto muoversi da Sassuolo. Quando qualche anno fa la Cina era l’Eldorado, Angel Di Maria rifiutò soldi che - disse - "avrebbero messo a posto i figli dei miei figli". Era il 2009 quando il City degli sceicchi stava cominciando il risiko che avrebbe stravolto il mercato mondiale. Il primo obiettivo era Kakà. Ma il brasiliano rifiutò, quindi si affacciò alla finestra della sede del Milan impugnando la maglia rossonera. Spiegò anni dopo: "Il progetto del City non mi convinceva, pensai che il Milan fosse il posto giusto dove stare". Non conta il prestigio del club, ma l’idea che si ha del proprio lavoro. Totò Di Natale a Udine è una statuina del presepe. Nel 2010 la Juve era in piena rivoluzione e aveva scelto lui come centravanti. Un giorno lo chiamò il procuratore, Totò aveva appena finito l’allenamento. Gli disse: "Sono a Torino, ho trovato l’accordo". Di Natale fece la doccia, chiese appuntamento al presidente Pozzo e - con tutta la tranquillità del mondo - gli disse che voleva restare. Lo diceva pure Sigmund Freud: "Il rifiuto consiste nel desiderio di evitare un ricordo che potrebbe provocare sentimenti spiacevoli". Il grande Pelé disse due volte no all’Italia. Quando Angelo Moratti provò a prenderlo, in Brasile scoppiò una rivolta popolare e l’affare saltò. Poco tempo dopo si fece avanti la Juve: Umberto Agnelli nel 1961 offrì al Santos un milione di dollari. I soldi comprano molto, ma non tutto. Pelé disse: "Sono felice al Santos, resto qui".
Fonte: Gazzetta.it