Chi ha i capelli bianchi, oppure di capelli non ne ha più, ricorda bene il traumatico gol con cui Bernard Lacombe, brevilineo attaccante francese, inaugurò il nostro Mondiale nel '78: erano passati 38 secondi dall'inizio del torneo e già ci sentivamo all'inferno; era invece l'inizio di un cammino entusiasmante, durante il quale avremmo messo le basi per conquistare il titolo quattro anni più tardi.
Quasi mezzo secolo dopo, siamo riusciti a battere quel record: la disattenzione di Dimarco e la rete di Bajrami sono arrivate addirittura 23 secondi dopo l'avvio del nostro Europeo. La speranza è che anche questo passaggio a vuoto iniziale porti i medesimi benefici, oltre che gli stessi risultati. Nell'immediato, ovvero nella partita contro l'Albania, è stato certamente così; attendiamo fiduciosi conferme giovedì contro la Spagna. L'Italia che abbiamo visto dal ventiquattresimo secondo di gioco in poi è stata decisamente confortante, almeno per tre motivi.
Numero uno, la reazione: benché ricca di giocatori inesperti a livello internazionale (Calafiori, Frattesi, Scamacca), la Nazionale ha trasformato quello shock in energia positiva anziché in paura, in cattiveria agonistica anziché in insicurezza. Così è arrivata la rimonta, feroce e immediata: al 16' eravamo già avanti.
Numero due, l'armonia: in poco tempo Spalletti è riuscito a costruire un'Italia nella quale tutti sanno ciò che devono fare, lo fanno bene e - soprattutto - lo fanno in sintonia con il resto della squadra. Il pressing funziona, il possesso-palla anche e la difesa, che passa da quattro a tre in base ai momenti della partita, sembra collaudata da tempo e non nuova di zecca in questa composizione.
Numero tre, la qualità dei singoli: anche se non abbiamo fuoriclasse, anche se Mbappé e Bellingham non sono cose nostre, abbiamo diversi campioni che incidono tantissimo, a cominciare da Barella, il migliore, e da Donnarumma, determinante al 90', nell'unica occasione in cui era necessario che lo fosse. Parlavamo del '78. Di quel Mondiale, più che il gol di Lacombe, ci è rimasto nel cuore il volto di due ragazzini buttati dentro da Bearzot all'ultimo momento e destinati a diventare simboli della nostra Nazionale, fino a farne la storia: Antonio Cabrini e Paolo Rossi. È stato naturale pensare a loro quando abbiamo visto l'autorevolezza con cui Calafiori, due presenze e 95 minuti complessivi in azzurro prima di ieri, ha affiancato Bastoni al centro della difesa. Spalletti lo ha apprezzato per tutta la stagione nel Bologna e, lavorandoci assieme in queste settimane, ha avuto conferma di ciò che aveva visto da lontano: il ragazzo ha tutte le doti che servono per essere un titolare della Nazionale, inclusa la personalità. L'unica incertezza l'ha avuta all'ultimo minuto, quando si è fatto beffare da Manaj, e lì ci ha pensato Donnarumma a mettere una pezza.
Giovedì, dunque, ci tocca la Spagna. In queste prime due giornate di Europeo, è stata l'unica delle otto squadre scese in campo a non avere subito gol. Ci è andata vicina più volte - la Croazia ha anche fallito un rigore nel finale - ma ha comunque dimostrato di essere solida, oltre che talentuosa. Una qualità, la consistenza difensiva, alla quale sembra che nessuno dia peso in questo torneo, tant'è vero che in quattro partite abbiamo visto la bellezza di sedici gol, in media quattro a incontro. Ma è bellezza, questa? Se è vero che la partita perfetta finisce zero a zero, all'Europeo finora c'è stata quanto meno molta imperfezione. L'Italia però, dal ventiquattresimo secondo di gioco in avanti, e fino a quell'incertezza al 90', ha protetto in modo efficace la porta di Donnarumma. Un segnale positivo. Un altro. Insufficiente per pensare che siamo già una grande squadra, ma utile per ritenere che possiamo diventarlo.
Fonte: Gazzetta.it