Tanti hanno sottovalutato il Milan. Troppi hanno pensato che fosse piccolo e debole: senza calciatori importanti e anche senza orgoglio, oltre che senza idee. Certo, in questo inizio di stagione i passaggi a vuoto sono stati diversi, alcuni eclatanti, ad esempio la sconfitta di Parma e la batosta con il Liverpool. Era lecito, insomma, muovere critiche. Ma bastava leggere i nomi di coloro che compongono l’organico rossonero per capire che questa non sarà la squadra migliore del nostro campionato (e infatti non l’abbiamo mai data per favorita nella corsa allo scudetto) però è tutt’altro che inadeguata. E ieri, nella notte più difficile, la notte del derby, le qualità dei giocatori sono venute fuori. Accompagnate - stavolta - dalle scelte azzeccate di un allenatore che finora aveva sbagliato molto. Paragone non casuale a distanza di ventiquattro ore (o poco più). Il derby di Milano è stata una partita bella, spettacolare, appagante, piena di emozioni. Il giorno prima Juve-Napoli è stata l’esatto contrario: zero gol, zero occasioni, zero brividi. La domenica si è giocato per vincere, il sabato per non perdere. Non è una colpa, è un dato di fatto. Tanti hanno sottovalutato il Milan. Forse anche l’Inter. Che non ha avuto l’aggressività, la convinzione, la ferocia mostrate spesso nella scorsa stagione e - ad esempio - mercoledì a Manchester.
È andata subito in difficoltà di fronte a un uomo solo in rossonero, Pulisic, e per svegliarsi ha dovuto incassare il gol dell’americano (mai visto un avversario entrare con quella facilità nel cuore della difesa di Inzaghi). Poi si è riassopita e ha permesso al Milan di tornare a essere padrone della partita nella ripresa, quando la squadra di Fonseca ha creato molte nitide occasioni da gol che soltanto per caso non sono state concretizzate fino all’ultimo minuto. La sensazione è che Inzaghi non sia riuscito a trasmettere alla squadra la rabbia necessaria per prendersi un altro derby (sarebbe stato il settimo consecutivo, un record). Non succede quasi mai, di solito Simone sa entrare nella testa dei suoi giocatori.
È probabile che stavolta sia scattato nella mente dei nerazzurri un meccanismo sbagliato: hanno visto il Milan alla deriva, l’hanno sentito descrivere come una banda allo sbaraglio, e si sono dimenticati di andare a leggere la formazione. Il Milan non ha molti fenomeni. E ha qualcuno - tipo Leao - che del fenomeno ha le qualità, non la mentalità, tant’è vero che il fenomeno non lo fa quasi mai (ieri è uscito ed è arrivato il gol della vittoria: sicuramente è stato un caso). Ma il Milan ha diversi campioni di livello internazionale, titolari in selezioni importanti: francese, olandese, portoghese, più il capitano della Spagna campione d’Europa. Come si può sottovalutare una squadra così? È stato il trionfo del Milan, ma più ancora di Fonseca. Che ha vinto con un coraggio ai confini della follia, trasformando una formazione già offensiva in una ancora più votata all’attacco, con due ali che difendono poco o niente (Pulisic e Leao) e due centravanti (Morata e Abraham, intelligenti e disponibili al sacrificio, ma sempre di centravanti si tratta).
Se si mette sulla bilancia il fatto che anche i due terzini prediligono spingere, così come Reijnders, ne viene fuori una squadra per la quale è complicatissimo mantenere l’equilibrio. In questo derby ci è riuscita alla perfezione e Fonseca si merita un grande applauso (chissà perché sostiene di non avere cambiato niente nel suo Milan proprio il giorno in cui fa giocare assieme due centravanti). Ha impressionato Abraham, che la Roma ha provato a vendere per tutta l’estate. Ed è bello che il gol decisivo lo abbia segnato Gabbia, l’unico italiano tra i quindici milanisti scesi in campo, capace di rilanciarsi dopo essere stato spedito in esilio al Villarreal. La vittoria del Milan sull’Inter non basta a ribaltare le idee che avevamo sul valore delle squadre: i nerazzurri continuano ad avere l’organico migliore della Serie A. Ma è giusto riflettere su questa e altre esibizioni della formazione di Inzaghi, che ha vinto appena due partite su cinque, è staccata di tre punti dal Torino capolista, di due dal Napoli e di uno da una Juve che non segna da tre partite. E che in classifica è alla pari dello stesso Milan, il quale negli ultimi giorni ha vissuto in mezzo alla bufera. Riprende consistenza l’idea che l’Inter fatichi a conciliare gli impegni in campionato e in Champions, com’è accaduto nella scorsa stagione (ha puntato tutto sullo scudetto cedendo all’Atletico) e due anni fa (è arrivata in finale di coppa senza mai partecipare alla corsa al titolo in Italia).
Fonte. Gazzetta.it