In mezzo al nulla. Qualche tifoso viola potrebbe aver comprato un biglietto per Sivas, con o senza scalo a Istanbul, e si potrebbe essere ritrovato nel centro dell’Anatolia, con un freddo ben superiore alle classiche aspettative che un viaggio in Turchia porta con sé – le spiagge di Bodrum, Antalya, il caldo estivo della Cappadocia, il mare di Istanbul. Tutto questo, nel bene e nel male, a Sivas è un ricordo lontano.
C’era una volta in Anatolia
Se nel cinema l’Anatolia profonda è stata raccontata divinamente dalla penna di Nuri Bilge Ceylan in “C’era una volta in Anatolia”, acclamato film del 2011, nella vita di tutti i giorni e nel calcio è un luogo difficile da decifrare. Persino per i turchi stessi: una trasferta a Sivas, per le grandi di Istanbul, è problematica quasi più per i gradi sotto zero che si trovano d’inverno o per l’ambiente totalmente diverso e atipico rispetto al resto del campionato, che non per questioni calcistiche. Lo potrebbe essere anche per la Fiorentina, che dopo l’1-0 del Franchi in cui ha a tratti dominato il gioco, si troverà di fronte un Sivasspor ben differente, che ha tenuto in panchina gran parte dell’effettivo nella sconfitta pesante del weekend contro l’Istanbulspor per 3 a 0.
All-in per l’Europa
I ragazzi di Çalimbay puntano sullo scarto risicato dato dall’unico gol di Antonin Barak nel match d’andata, e ora sperano in un esito diverso. L’approccio estremamente conservativo mostrato al Franchi non potrà pagare nella partita di ritorno per i biancorossi, apparsi peraltro appesantiti dalla pausa per quasi un mese dovuta al terremoto. Ma l’ambiente sarà l’alleato principale per il Sivasspor, come lo è sempre stato storicamente per una città di 300mila abitanti senza cui non esisterebbe la Turchia moderna.
Il 4 settembre 1920, infatti, con Istanbul occupata dagli eserciti occidentali, gli ex generali dell’esercito ottomano capitanati da Mustafa Kemal Atatürk si ritrovano proprio a Sivas. È lo stesso 4 settembre che dà il nome allo stadio, perché è una data che per la città anatolica significa tutto: da lì hanno inizio le guerre d’indipendenza, con Sivas prima capitale di fatto della nuova Turchia, punto centrale anche nella mappa della nazione.
Il nuovo Orient Express
Oggi la città ha perso un po’ d’importanza, se non come tappa intermedia del nuovo itinerario via treno preferito da backpackers e influencers. Molti di loro si fermano lì, a metà del Doğu Ekspresi, il nuovo Orient Express da Ankara a Kars, che oggi porta migliaia di under-30 a scoprire le splendide zone innevate al confine con l’Armenia, per raccontare un inverno che qui forse conosciamo poco, ma che è fatto di paesaggi splendidi e incontaminati, distese enormi e disperse, terre sconfinate. Perfette per likes su Instagram, reels e tiktok, ma anche per staccare un po’ la mente dal caos e dal traffico di Ankara e Istanbul.
Per i calciatori del Sivasspor, soprattutto per gli stranieri, questo fattore è invece un limite storico: è il motivo per cui molti arrivano e se ne vanno dopo pochi mesi, scoraggiati dal freddo e dalle poche amenità che regala la vita mondana di Sivas, ben diversa dai nightclub del Bosforo e dalle atmosfere vibranti delle metropoli turche.
Un vuoto da riempire
L’allenatore del club, Riza Çalimbay, ha perso uno dei giocatori-chiave di questa stagione, l’israeliano Dia Saba, proprio perché in città non c’era nemmeno una scuola internazionale in cui si parlasse inglese.
Il vuoto lasciato da Dia Saba è stato riempito solo in parte: Caicedo, anche a Firenze, è apparso ben isolato dai compagni, e a parte le incursioni del greco Charisis, il Sivasspor ha creato ben poco. Eppure, a Sivas sono abituati a sfidare l’impossibile. “C’era una volta in Anatolia”: è il titolo di un film, ma potrebbe diventare un capitolo nella scalata europea della Fiorentina allo Stadio 4 Settembre di Sivas. Che sia una tappa positiva o un assassinio sull’Orient Express, lo scopriremo presto.