Nel calcio si dimentica tutto troppo in fretta. Per esempio, che Massimiliano Allegri ha e avrà sempre il pedigree del vincente. Due anni di Juve a zero titoli pesano, ma in una sera di maggio, riecco il profeta del corto muso: Coppa Italia in bacheca. Un tempo la regola, oggi l’eccezione. Quanti ricordano come arrivò Allegri sulla panchina della Juve, il 16 luglio 2014? Il mondo bianconero era ancora scottato per l’inatteso addio di Antonio Conte, un fragoroso fulmine a ciel sereno abbattutosi su Vinovo dopo appena un giorno di ritiro. La società fu rapidissima nella scelta del successore, ma buona parte del tifo accolse Max con una certa dose di scetticismo.
E quando il 25 luglio, alla prima uscita in amichevole contro i dilettanti del Lucento, la nuova Juve rimediò un clamoroso ko per 3-2, il popolo dei "No Max" ingrossò subito le fila. Mai previsione fu più sbagliata. Quando le partite cominciarono a contare sul serio, la Juve di Allegri lasciò ben poco agli avversari. Il tecnico livornese inizialmente fu abile nel non toccare più di tanto l’impianto “contiano”, mantenendo la difesa a tre, nonostante nella sua esperienza da allenatore l’avesse adottata, più per necessità che per convinzione, solo per un breve periodo al Milan (stagione 2012-13). Così il passaggio da Conte ad Allegri non portò a scossoni: la Juve in campionato passò in testa dalla prima all’ultima giornata, vincendo lo scudetto senza troppi patemi. Merito di un gruppo ormai abituato a primeggiare, con punti di forza consolidati. La vera novità fu il percorso in Champions. La Signora, che con Conte non era mai riuscita a entrare nella ristretta clientela del "ristorante da 100 euro", fece il suo ingresso in pompa magna, battendo il Real Madrid campione d’Europa in semifinale.
I "No Max"? Spariti. Juve in finale dopo 12 anni, anche se a Berlino il Barcellona dei fenomeni e della MSN si rivelerà troppo forte. Nel 2015-16 Allegri attraversò il primo momento di crisi a Torino. La Juve, orfana di Tevez, tornato al Boca Juniors, ma con Dybala e Mandzukic in più nel motore, partì così male in campionato da trovarsi a -11 dalla Roma capolista dopo 10 giornate. Max riuscì a uscirne, grazie soprattutto ai senatori, rimontando e festeggiando un altro scudetto in primavera. Gioia che si ripeterà anche nel 2016-17, 2017-18 e 2018-19, quando il duello fu soprattutto con il Napoli di Maurizio Sarri. Nel frattempo la Juve inanellò pure 4 coppe Italia e 2 Supercoppe italiane. Più Max vinceva, più la squadra diventava a sua immagine e somiglianza. La sincronia con la presidenza Agnelli, le battute in conferenza stampa (dal corto muso al gabbione...), gli sfoghi a bordo campo (la giacca che volò per la prima volta contro il Carpi...): da allenatore Allegri divenne anche personaggio, vero protagonista di un ciclo inimitabile. Nel 2016-17, cambiando il modulo in corsa e tornando a quattro dietro, Max riportò la Juve in finale di Champions. I campioni andavano (Pogba, poi Vidal...) e venivano (Higuain, Dani Alves e altri), restavano lui e la dirigenza come garanzia di continuità.
A Cardiff, però, la coppa sfuggì di nuovo, prendendo la via di Madrid, solita sponda Real e aumentando l’ossessione di tutta la galassia bianconera. Anche da quel tormento nacque, nell’estate 2018, la folle idea Cristiano Ronaldo. Forse il passo più lungo della gamba, che convinse Beppe Marotta a dire addio. Ma anche con CR7 la Juve non tornò mai sul tetto d’Europa. Allegri uscì ai quarti con l’Ajax, annichilito dalla modernità del gioco avversario. E la Juve decise di cambiare, votandosi al “giochismo” con Maurizio Sarri. Non un addio, ma un arrivederci. Nel 2021 Agnelli, dopo il tentativo Pirlo, richiamò l’amico Max. Era, però, una Juve diversa, reduce dal primo anno senza scudetto dopo nove stagioni e, poco dopo, senza Ronaldo venduto allo United. Lo spartito di Allegri pareva il solito, ma la musica che ne derivava non bastava più per vincere, nonostante l’arrivo a gennaio del carissimo Vlahovic. E poi, l’estate successiva, di Pogba, Di Maria, Bremer... La Juve restava (e resta) la squadra con il monte ingaggi più alto d’Italia, ma non la migliore in campo.
Al primo anno dell’Allegri bis finì quarta. Poi, nel 2022-23, dopo un inizio deludente, arrivò pure l’inchiesta Prisma a rivoluzionare la società. Agnelli si dimise con tutto il cda, Max si ritrovò prima solo nella tempesta, poi nel 2023-24 con una dirigenza rinnovata dallo sbarco a Torino di Cristiano Giuntoli. Niente trofei, ma tante critiche. Fino alla Coppa Italia di mercoledì scorso: l’ultima gioia, prima di dire di nuovo addio.
Fonte: gazzetta.it