A differenza di 25 anni fa, Stefano Garzelli è salito in auto ad Oropa, non in bici. "Eppure ho avuto la sensazione che il tempo si fosse fermato. Ho visto i tifosi a bordo strada, ho rivisto il punto dove a Marco Pantani saltò la catena, ho pensato e ripensato, e ho avuto l’ennesima conferma di quanto fosse enorme il potere ipnotico che aveva Marco". Il 30 maggio 1999 Garzelli era compagno di squadra del Pirata al Giro, visse dal vivo quella rimonta favolosa di cui tutti parlano ancora oggi "e non è sorprendente perché tutti sanno chi era Marco Pantani, e in quell’anno era reduce dalla doppietta Giro-Tour, aveva largamente superato i confini del ciclismo. Sì, era un mito. Aveva la capacità di far sognare la gente. Era ovunque, nel senso che bastava dirne il nome pure in un paesino sperduto di montagna e si accendeva la luce".
Ora il varesino, 50 anni, vincitore della corsa rosa nel 2000, è al Giro per la Rai, e in questi ultimi anni è tornato diverse volte su questa salita piemontese "anche a fare i sopralluoghi. Ed ero qui al Gran Piemonte nel 2019, penso che prima di questa volta fosse l’ultima occasione in cui il grande ciclismo avesse scalato Oropa. E vinse Egan Bernal, nato il 13 gennaio come Pantani, è rimasto finora l’ultimo successo del colombiano in una gara in linea. Ci ho pensato certo, così come ho pensato alla coincidenza pazzesca della foratura di Pogacar. Non so come chiamarlo, se destino o altro". E poi c’era la gente, tanta, che Garzelli ha visto, osservato.
"Sì, alcuni li conoscevo, quello di Pantani è ancora un popolo. Anche se passeranno anni e anni, non credo che le cose cambieranno. Pure Pogacar ha detto che è rimasto colpito da questo scenario, e lui è nato cinquanta giorni dopo che Marco ha completato la sua doppietta, per dire che appartiene a un’altra epoca. Ma in fondo non conta, Pantani è stato capace di andare meglio di tutti in salita e di battere il... tempo. E infatti lo dimostra il fatto che siamo ancora qui che parliamo di una cosa accaduta alla fine del secolo scorso, una impresa memorabile, una di quelle che solo a lui potevano riuscire". Azioni, più che parole, insomma. "Parlava poco, Marco, ma tre concetti gli bastavano per farsi capire. Aveva un carisma ineguagliabile, spesso metteva in soggezione chi parlava con lui. Chiunque sia stato oggi (ieri, ndr) a Oropa se ne è reso conto. Ancora una volta. E non sarà l’ultima".
Fonte: gazzetta.it