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NFL: cosa ci ha lasciato la Week 7

Alessandro Tarallo
NFL: cosa ci ha lasciato la Week 7Getty

È complicato riassumere l’NFL in pochi punti. Non abbiamo la presunzione di riuscirci, ma ci proviamo: ogni settimana cinque temi, sintesi, spunti di riflessioni. Cinque punti che ci ha lasciato la week di NFL appena finita.

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Il riassunto della Week 7 della NFL

Dall'attacco dei Chiefs fino ai Bengals: ecco cosa ci ha detto la Week 7 di NFL.

L’attacco dei Chiefs è uno spettacolo

Banale, lo sappiamo. Ma davvero potevamo non parlarne? Avvicinandoci alla stagione l’argomento era: “sicuri che possano fare a meno di Tyreek Hill?”. Sì. E questo è apparso chiaro sin dalla prima partita, impressione confermata ancor di più dopo la vittoria contro i 49ers, sulla carta una delle migliori difese (sane) della NFL.

Mahomes ha cominciato con un intercetto, recuperato da Talanoa Hufanga, poi si è scatenato segnando sei touchdown (più un field goal sbagliato) nei successivi sette drive. Mettendo in ritmo tutti: da JuJu Smith-Schuster a Travis Kelce, passando per Marquez Valdes-Scantling fino a Mecole Hardman, protagonista con 3 TD.

Quando fanno così è difficile fermarli e se n’è accorta pure San Francisco, che ha mostrato il fianco ad Andy Reid e ne è uscita con le ossa rotta, vivisezionata nelle sue difficoltà. L’attacco dei Chiefs funziona eccome, e continuerà a funzionerà anche dopo la settimana di bye. Tanto da aver già rovesciato il dubbio: “e se fossero ancora più forti senza Tyreek Hill?”. 

A New York ci si diverte

6-1 Giants, 5-2 Jets. Tutto vero: la Grande Mela è tornata sulla mappa del football che conta. Hanno avuto le loro difficoltà nella Week 7: i Giants hanno dovuto rimontare contro i Jaguars, i Jets hanno vinto contro Denver anche in una giornata in cui l’attacco non girava. I “blu” hanno trovato nuova linfa con Brian Daboll, la miccia che cercavano da anni per far (finalmente) esplodere Daniel Jones. Il prodotto di Duke corre, gestisce meglio i palloni, chiude drive decisivi. Il resto lo fa Saquon Barkley, fondamentale domenica per completare la rimonta nel quarto periodo.

Se la gode anche l’altra sponda dell’Hudson, con un 5-2 che in casa Jets non si vedeva dal 2010 (ultima postseason giocata dai verdi). Tutti contenti? Eh no, perché i Jets sono pur sempre i Jets, qualcosa doveva andare storto. Non era bastata la vicenda di Elijah Moore, in partenza, è arrivata la mazzata di Breece Hall: il ginocchio ha fatto crac, rottura del crociato, stagione finita. Il front office è già corso ai ripari prendendo James Robinson dai Jaguars, ma tocca intervenire anche sulla OL: già priva (ormai in modo cronico) di Mekhi Becton, anche Alijah Vera-Tucker è out for the season.

Un colpo duro per la squadra di Saleh, proprio quando aveva ricominciato a sognare un record vincente e addirittura i playoff, che la città di New York non ospita da ben 11 anni. 

Infortuni

Quelli di Hall e Vera-Tucker non sono stati gli unici infortuni della Week 7. Non gli unici in casa Jets, che hanno perso anche Corey Davis (collaterale), che fortunatamente non dovrebbe star fuori a lungo. Piangono anche i Chargers e non solo per la sconfitta contro Seattle: per J.C. Jackson la diagnosi è rottura del tendine rotuleo, che vuol dire fuori fino a fine stagione. Ai box, ma per meno tempo, anche Mike Williams (caviglia).

Ridono meno, invece, i Seahawks che nonostante la vittoria perdono D.K. Metcalf: l’infortunio al ginocchio non richiederà l’operazione, ma certamente lo terrà fuori per un bel po’. Stop anche per Ryan Tannehill, uscito malconcio dalla sfida contro i Colts e potrebbe saltare la prossima sfida dei Titans, contro i Texans. La già complicata situazione dei Packers rischia di aggravarsi con l’infortunio di Allen Lazard, che ha lasciato il campo nel corso del match contro i Commanders senza far ritorno in campo. Entrano nel protocollo concussion, invece, Antoine Winfield Jr. e Amon-Ra St. Brown. 

Salvate i soldati Brady e Rodgers

A Tampa c’è un problema (più di uno, a dire il vero). Perdere contro i Panthers, che hanno appena perso il loro miglior giocatore, con una sola vittoria, guidati da un coach ad-interim, e segnando solo 3 punti è davvero troppo. Eppure i numeri di Brady non sono poi così malvagi (32/49 e 290 yards), ma l’attacco dei Bucs fatica a prendere ritmo, alimentando il nervosismo (e quindi l’imprecisione) del suo quarterback. Una linea che non lo protegge a dovere, terzi down non convertiti, corse inesistenti. Più qualche drop di troppo, come quello di Mike Evans nel primo quarto, che ha cancellato un potenziale TD che chissà, poteva indirizzare la partita in modo differente.

Frustazione è quella che ha provato Rodgers (urlando un’altra F-word) quando ha visto Romeo Doubs droppare un passaggio che avrebbe potuto tenere vivo il drive dei Packers nel terzo quarto contro Washington. Aaron non ha ricevitori affidabili, fatica e sembra soprattutto incapace di cambiare volto alla partita, naufragando in b alia degli avversari (Giants, Jets, Commanders, tutt’altro che irresistibili).

Suona l’allarme in casa Green Bay, e Rodgers non fa nulla per nasconderlo parlando di “troppi errori mentali e attitudine sbagliata”. Per Brady è la prima volta con record negativo dopo 7 partite dal 2002; Rodgers ha perso fin qui lo stesso numero di partite che in tutta la scorsa stagione. Ne usciranno? Più facile per Tampa, nella non irresistibile NFC South, che per Green Bay, che è già ad una svolta decisiva della sua stagione e che domenica fa visita ai Bills (aiuto). 

Joe Burrow e i Bengals sono tornati

325 yards di passaggio nel solo primo quarto, 481 a fine partita: il record di 554 (Norm Van Brocklin, 1951) è stato seriamente in pericolo domenica. Merito di Joe Cool (o Joe Brrr o Joey Franchise, fate voi), che ha cambiato finalmente volto alla sua stagione e a quella dei Bengals. Nelle prime due uscite aveva fatto fatica (5 palle perse contro Pittsburgh, 6 sack subiti contro i Cowboys), poi è arrivato uno switch: la connessione con Boyd è tornata a funzionare e l’attacco ha preso il volo.

Burrow è quel leader che a Cincinnati si aspettavano, hanno scommesso su di lui e ora stanno raccogliendo i frutti. Se il Super Bowl dello scorso anno era arrivato in maniera abbastanza inaspettata, quest’anno i Bengals hanno tutto il diritto di sognare in grande, loro e Joe, che con la prestazione di domenica ha avanzato una seria candidatura al titolo di MVP.