Time is a flat circle. Tutto ciò che è accaduto nel tempo è destinato a ripetersi. Un pensiero che abbiamo conosciuto attraverso la filosofia nichilista del personaggio di Rust Cohle, interpretato da Matthew McCounaghey nella prima stagione della fortunata serie True Detective. Un cult capace di trasportare gli spettatori dentro una tetramente onirica e decadente Louisiana.
Il Bayou State è l’orizzonte spazio-temporale dove la nostra storia prende forma. Il protagonista nasce il primo marzo del 2000 a Harvey, paesino sui ventimila abitanti e si chiama Ja’Marr Anthony Chase. Con lui siamo dentro al 100% nella Generazione Z: così proiettata a fluttuare nel futuro, ma già artefice nel condizionare il presente NFL. Ma su questo ci arriviamo.
CHASING TIGERS
Abbiamo appena passato il 1 febbraio 2022 che, da tradizione, segna la data del Capodanno Cinese e la coincidenza vuole che sia iniziato proprio l’anno della Tigre. Il significato zodiacale che gli viene associato è quello che possiamo facilmente immaginare: coraggio, forza implacabile ed indomabile. E la tigre compare più volte dentro la vita di Ja’Marr Chase, fino a poterne diventare una metamorfosi.
La prima apparizione avviene quando il nostro deve scegliere il suo futuro dopo l’high school. Gli viene questionato un fisico gracile, tant’è che all’inizio dichiara gli intenti di voler andare a giocare per Kansas, una powerhouse nel panorama basket NCAA, ma alquanto di minor importanza nel football. Tra le chiacchiere in high school compare addirittura Les Miles - il capo allenatore ai tempi dell’università di LSU - che non troppo velatamente gli dice you can’t play wide receiver. Ecco, nello slang inglese questa è la più proverbiale definizione che nel vocabolario trovereste sotto la voce “chip on your shoulder”:
Ja’Marr se la segna. E nel 2018 dopo aver cambiato il suo committment da Kansas a Florida, decide di voler giocare al college per una terza università: proprio Louisiana State University, LSU, ora allenata da Ed Orgeron. Memore di quella profezia da scongiurare, Ja’Marr è sicuro dei suoi mezzi. La squadra porta il nickname di Tigers. Qui la scelta “tigri” è - a dire il vero - un retaggio della Guerra Civile americana. È il nome di un reggimento militare che combatté con una furia tale da ricordare - per l’appunto - una tigre. Quando Chase mette piede a Baton Rouge nel campus incontra un altro compagno di squadra che ha una “chip on his shoulder”. È un quarterback, ed è un transfer da Ohio State. Il suo nome è Joe Burrow.
CHASE, CHOSE, CHOSEN
Se dobbiamo scolpire nella pietra un anno, scegliamo indubbiamente il 2019. LSU inizia la stagione con una buonissima reputazione, quando si è alla griglia di partenza è la squadra #6 nel ranking nazionale NCAA. Ma quel che accade nell’autunno e nell’inverno di quell’anno è indescrivibile. L’escalation dei Tigers è una cavalcata sinfonica dagli echi di Wagneriana memoria.
Joe Burrow in un sola stagione è da empireo celestiale del college football: 60 touchdown e soli 6 intercetti in 15 partite, vince il premio come miglior giocatore NCAA, l’Heisman Trophy e LSU vince il Titolo Nazionale. E parte del suo successo lo deve alla chimica inossidabile con Ja’Marr.
Chase è una furia. Can’t be stopped, dicono. Ha una velocità su dritto fulminea, ma non è solo quello. È una forza della natura: cala con i suoi artigli su ogni difesa che gli si pone davanti e i suoi numeri sono incendiari: 84 ricezioni, 1781 yard ricevute, 21.2 yard di media a ricezione e 20 touchdown. A fine stagione mentre Joe vince l’Heisman, Ja’Marr si porta a casa il premio individuale come miglior wide receiver NCAA, il Fred Biletnikoff.
Vien da sorridere a pensare che il suo cognome chase voglia dire caccia o inseguimento, sembra rappresentare la sua doppia anima: gli avversari provano ad inseguirlo e falliscono, lui invece è un predatore che non conosce limiti. È un prescelto. Chosen.
Poi arriva la pandemia, il 2020: il suo compagno ed amico Joe Burrow viene scelto alla #1 assoluta dai Cincinnati Bengals. Ja’Marr invece nell’incertezza generale decide di fare opt-out da LSU e non giocare la stagione NCAA, per concentrarsi sulla sua futura carriera NFL. Il fast forward al 2021 è istantaneo e il suo talento non è mai messo in discussione. Al Draft - a fine aprile - si presenta come un WR che ha il DNA generazionale. Il suo nome viene scelto subito: alla #5. Chose. Chi lo sceglie? Proprio loro: i Cincinnati Bengals guidati da Joe Burrow.
Da Tigers a Bengals. La speranza della franchigia dell’Ohio è di ricreare il duo letale tra Joe e Ja’Marr: time is a flat circle.
CHASING NEW HEIGHTS
“Sometimes you gotta close a door to open a window” è quel che canta il rapper Tyler, The Creator all’inizio del suo pezzo “New Magic Wand” e il feeling che si ha con Ja’Marr quando inizia la stagione NFL è proprio quello che il nostro abbia chiuso la porta dell’hype universitario, per poi aprire una sua finestra, dentro il palcoscenico professionistico, urlando a tutti gli Stati Uniti il suo nome. Il suo rookie year è illogico, da quanto è meraviglioso.
I Bengals avevano subito critiche per la sua scelta, perché era stato preferito alla protezione che un prospetto come Penei Sewell offriva al ginocchio di Joe Burrow. La OLine di Cincinnati continua a dare problemi, ma Ja’Marr is just being Ja’Marr. Trasforma un attacco già potenzialmente pericoloso, in qualcosa che tutti devono temere. Abbatte i record appena stabiliti nella stagione 2020 da un altro strabiliante rookie che Ja’Marr ben conosce: Justin Jefferson, WR dei Vikings suo compagno ai tempi di LSU, oramai rinominata WR University.
Chiude la regular season con 1455yd (record), 13 touchdown e il record sia NFL che Bengals per yard ricevute in una singola partita (266yd - Rookie record). La tradizione di ottimi WR nella storia di Cincinnati iniziata con Chris Collinsworth, Isaac Curtis, Carl Pickens e proseguita con gli AJ Green, i Chad Ochocinco Johnson e i TJ Houshmandzadeh si è appena elevata ulteriormente.
La sicurezza con cui Joe gioca nei suoi confronti ci regalerà una delle più belle quote in conferenza stampa di quest’anno: “f**k it, Ja’Marr is down there somewhere”. A Burrow basta lanciare in sua direzione: Ja’Marr salta gli uomini, allarga le difese, supera i cornerback e annienta le safety. Lui c’è sempre, vola subito in endzone, pronto a celebrare con il “The Griddy”, il balletto/esultanza che riporta ai tempi di LSU.
E ora a soli 21 anni, al primo anno NFL, quello che Ja’Marr insegue insieme al suo amico Joe Shiesty è lo step finale, quello più importante di tutti, dopo aver stabilito il record anche per yard ricevute da un rookie nei playoff (279yd): il Super Bowl LVI dove l’avversario da graffiare non sarà solo rappresentato dai Rams, ma da Jalen Ramsey, uno dei - se non IL - cornerback più forti dell’intera NFL. E un altro che a livello di fiducia in se stesso non è secondo a nessuno, in un gioco di specchi che non vediamo l’ora di ammirare. Pronti? Countdown al 13 febbraio.