“Ho vissuto bene in una terra in cui può accadere di tutto”. Ecco, per comprendere fino in fondo il percorso (a ostacoli) di Israel Adesanya, bisogna immergersi per un solo istante nel suo mondo. Quello di un figlio agiato, ma di una terra arida. Nato a Lagos, Nigeria, Adesanya ha avuto la fortuna di poter sognare. Dall'infanzia al rapporto con le arti marziali miste: andiamo a scoprire la sua storia.
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La storia di Adesanya
Mamma e papà, rispettivamente infermiera e contabile, sono dalla parte “giusta” della città, in un clima di apparente serenità mentre tutto intorno è guerra e miseria. Fame e per questo distruzione.
Adesanya è un ragazzino gracile e sottile, ha un gran carattere e lo dimostra tutti i giorni in palestra, dove prende la pettorina, l’infila prontamente e lotta a mani nude sull’ottagono: dopo tanta richiesta, i genitori l’avevano iscritto al corso di taekwondo e lui si era talmente esaltato da non pensare ad altro. “Impazzivo per quello sport – ha raccontato in una recente intervista -, così tanto che praticavo le tecniche in casa per tutto il tempo”.
Un giorno prova a fare un salto mortale all’indietro: si butta dal divano e… cade rovinosamente, rompendosi il braccio. Risultato: i signori Adesanya lo ritirano dalla palestra e gli ribadiscono l’unica priorità sacrosanta, cioè lo studio. Per lui, primogenito di cinque figli, i due hanno immaginato mille vite e nessuna nella direzione poi intrapresa da Israel.
Chi è Israel Adesanya
Quel 31 luglio del 1989, quando Israel Mobolaji Temitayo Odunayo Oluwafemi Owolabi Adesanya (questo il nome completo) viene al mondo, tutti – tranne il diretto interessato - conoscono i grandissimi piani che la vita avrebbe in serbo per lui. Condizionale d’obbligo poiché di ogni domani non c’è certezza, ma il percorso sembra effettivamente delineato, almeno a grandi tratti.
Tant'è: quando Israel compie 11 anni, la famiglia si trasferisce nella cittadina di Rotorua, quarantamila abitanti nel Nord della Nuova Zelanda. L’obiettivo è fornirgli un’istruzione di alto livello, e magari fargli abbandonare i sogni da rockstar dell’ottagono. Che Adesanya non tocca, se non nella sua fantasia, nel suo quotidiano appuntamento con la serie “Avatar: The Last Airbender”.
Vi ricorda qualcosa? Sì, da qui arriva il suo soprannome, “The Last Stylebender”, praticamente ispirato al cartone di una nota casa di produzione americana, in cui il protagonista ha l’obiettivo di dominare acqua, terra, fuoco e aria. Ambizioso. Come del resto è sempre stato Israel.
Di questo rapporto quasi viscerale con il cartone animato della sua infanzia, Adesanya ha “conservato” anche un tatuaggio: sul suo corpo, per sempre, ci sarà infatti l’immagine di Toph Beifong, uno dei protagonisti del racconto.
Ma guardandolo combattere a petto nudo, è un altro tattoo a togliere il fiato: la scritta sul petto, a caratteri cubitali, “Broken Native”. Cosa vuol dire? Senza una casa. Il profondo sentimento di sradicamento dalla terra d’origine. La rivolta interna e interiore a quelle scelte prese per lui e mai da lui. La ribellione a tutto ciò che ha subito, in particolare agli episodi di bullismo ai tempi delle superiori. Anche per questo, Adesanya ricomincia a combattere.
Dopo aver conseguito il diploma ed essersi iscritto all’università per studiare computer grafica, a 18 anni scoppia nuovamente l’amore per arti marziali, così riparte dalla kickboxing. Anche qui, decisivo un film: Ong-Bak, must degli action movie tailandesi. Ai suoi allenatori basterà uno schiocco di dita per individuare il talento. Tre anni più tardi diventa professionista e si trasferisce ad Auckland: lo chiama il miglior team del paese, la City Kickboxing.
Caratteristiche tecniche
Ecco, il talento. Da vendere. E soprattutto fluido, cangiante, in grado di svilupparsi come un fiume in piena che dà acqua a ogni ramo, così da sbocciare rigoglioso in ogni suo comparto. Anche il percorso a spizzichi di sport ha inciso sulla qualità del combattimento di Israel, tra i più eleganti del circuito e soprattutto tra i più atletici.
A vederlo così, l’immagine è di uno spilungone, con leve lunghissime e un fascio di nervi a controllarle. E invece, proprio quelle leve, Adesanya le usa perfettamente: non solo le sfrutta per ottenere agilità e contrastare gli avversari, ma anche per affinare una capacità difensiva pazzesca, di fatto innata. Evita i colpi degli avversari, gioca sulla mobilità, schiva in maniera elegante: poi punge. Punge forte.
Lo stile, insomma, è elegante e raffinato, alla base ha la ferocia di chi è improntato alla vittoria. Del resto, viene da MMA, kickboxing, muay thai e boxe, e in tutte queste discipline è riuscito a competere ad altissimo livello, vincendo match che in pochi sognano di vincere.
Da qui non si è più fermato. Anzi: ha sperimentato, ha vagliato, ha saputo riorganizzarsi e da lì continuato a imparare. Dentro e fuori dal ring, ha contato ogni singolo aspetto della sua vita: non lo direste mai, eppure Israel è un pittore; lo direste ancor meno, ma è pure un ballerino di tutto rispetto. Dice: lo faccio per “connettermi con la mia Africa”. Sul ring, è un plus che non ha nessuno.
Carriera
Aveva 21 anni quando ha preso la decisione di diventare un atleta professionista. E fino al 2017, dunque ai 28, si è sempre diviso tra Mma, kickoboxing e boxe. Da pugile pro, addirittura, si è imposto in 6 match e ha vinto il Super 8 Boxing Tournament in Nuova Zelanda.
Mentre nella Kickboxing è stato per tre volte il detentore del titolo dei Massimi nell’organizzazione King in The Ring, sempre neozelandese. La svolta? Nel torneo Pesi Medi a Glory 34, sul tappeto di Denver: da lì parte la corsa all’olandese Jason Wilnis, campione in carica. Andrà male e farà male.
Due mesi più tardi, contro il brasiliano Pereira, si becca un gancio sinistro che non ha più dimenticato: k.o. e focus definitivo, stavoltatotale sulla Mma.
UFC lo ingaggia alla fine del 2017, quando ha appena vinto il titolo nelle promotion australiane Hex Fighting Series; il debutto è nel febbraio del 2018, a Perth, Australia, dove ha inizio una striscia di 9 successi consecutivi, di cui 4 per k.o. e con 7 bonus performance (il premio per il miglior fighter della serata).
Gli appassionati italiani imparano a conoscerlo il 13 giugno 2021: ad affrontare “The Last Stylebender” è Marvin Vettori, che ci mette cuore e tenacia, ma nulla può contro il match perfetto di Israel. Una gazzella con potenza da leone.
Il 3 luglio affronta Jarec Cannonier, difendendo la cintura dei pesi medi; il 12 novembre perderà il titolo con il fighter brasiliano Alex Pereira, subendo un TKO ma riprendendosi la cintura il 9 aprile 2023 vincendo il rematch.
Il prossimo incontro
Non è ancora noto il prossimo incontro di Israel Adesanya, reduce dalla sconfitta nell'evento UFC 293: sfiderà Sean Strickland.
Vita privata
C’è da dire che come Adesanya proprio non ne fanno: unico in tutto. Anche nel suo esporsi. Nel 2020 ha appoggiato il referendum per la legalizzazione della cannabis in Nuova Zelanda, mentre ha pagato a carissimo prezzo le provocazioni social ai suoi avversari, Kevin Holland su tutti, al quale aveva scritto che gli sarebbe piaciuto “stuprarlo” se avessero combattuto.
Dopo aver ritirato il post, dopo le scuse sentitissime anche al governo neozelandese per la magra figura, Israel ha perso il ricco contratto di sponsorizzazione con BMW. Resiste invece quello con il marchio Puma, per il quale è diventato il primo testimonial tra i lottatori.
Ateo e grandissimo appassionato d’arte, non si è mai sposato e ha sempre coltivato un’utopia: semplicemente, essere invincibile. Oh, c'era quasi riuscito. Poi è arrivato il match contro il polacco Jan Blachowicz nel marzo 2021, al quale il nigeriano aveva tentato di strappare la cintura dei Massimi Leggeri. Con Vettori e Whittaker, una parziale rivincita. Ma la sua lunga fuga dai preconcetti non è certo finita qui.