Lo si era lasciato con la corona in testa e la coppa dei campioni d’Europa in mano. Quel trofeo che si è preso a Wembley con la stessa forza e grinta con cui aveva scaraventato al suolo il povero Saka in un perfetto remake del signore degli anelli. Lui, nella parte di Gandalf, che aveva semplicemente deciso di non lasciar passare nessuno.
Perché quel trofeo, Giorgio Chiellini, l’ha sempre sentito suo. Doveva essere suo e di un’intera nazione non solo per il suo scontato ed immenso valore intrinseco, ma per qualcosa in più. Un motivo su tutti: una sterzata nel suo personalissimo rapporto con le finali oltreconfine, sia con la Nazionale (il 4-0 contro la Spagna a Kiev nel 2012, quando entrò al posto di Barzagli dopo 13 minuti) e quelle con la maglia della Juve (con la ricerca spasmodica del successo in Champions, strozzato negli ultimi anni da Barcellona prima e Real poi).
“Chiello” inizia il suo secondo tempo con la Juventus. Con un rinnovo che sa di voglia di chiudere un cerchio: per ristabilire le sue gerarchie nel campionato italiano e per provare ad alzare al cielo, questa volta di San Pietroburgo, una coppa che manca a Torino da troppi anni.
CUNUSC' A GIORG'?
Oggi Chiellini è “come nessun altro”. Fuori dalla Top11 della UEFA (che gli ha preferito Bonucci e Maguire), è stato comunque tra i protagonisti (se non IL) della manifestazione. Un impatto devastante: il numero 3 ha disegnato il suo Europeo scavalcando il limite del campo di gioco (che non ha toccato solo in occasione della partita finale del girone e nel match degli ottavi contro l’Austria, per via di una contrattura).
Basti pensare che in Germania sono stati coniati due termini a lui ispirati: "Chiellinisch", una parola che richiama “lo stile di vita alla Chiellini” e "Chiellinigkeit", un termine nato dopo il piccolo teatrino andato in onda in mondovisione tra il capitano azzurro e Jordi Alba, mentre si decideva in quale porta si sarebbero dovuti calciare i rigori della semifinale poi vinta dagli Azzurri. Un termine che è sinonimo di leggerezza nel momento di massima pressione, di divertimento mentre si svolge in maniera magistrale il proprio dovere. Che in quel caso era trasmettere fiducia ai propri, far sentire la pressione all’avversario, caricarsi il peso delle responsabilità e scagliarlo contro lo spagnolo, incapace di sorreggerlo. Dominare ogni emozione negativa che una circostanza come quella porta con sé, per tramutarla in qualcosa di positivo. Il tutto, trasmettendolo ai compagni (Locatelli, dopo l’errore dal dischetto, gli è rimasto abbracciato fino all’ultimo secondo).
Chiellini all'Europeo ha assimilato prima e riciclato poi un caleidoscopio di sensazioni emanando un’aurea positiva di cui hanno beneficiato i suoi e che ha schiacciato tutti coloro che non avevano lo stemma dell’Italia cucito sulla maglia. Se entri nei dizionari di una splendida lingua come quella tedesca, capace di creare parole dense di significato, sei andato oltre. Chiellini l’ha fatto e Euro2020 è stato il palcoscenico che ha messo un punto certo sulla sua figura: quella di uno dei più forti centrali al mondo.
LE COCCOLE DI CASA
Anche per questo non ha perso tempo il Presidente Agnelli nel tranquillizzare il mondo bianconero: in occasione della presentazione (bis) di Allegri, il numero uno è stato chiaro: “È con noi da 20 anni, sinceramente mi sembrava ridicolo interrompere le vacanze di un calciatore che gioca da due anni di fila senza mai fermarsi per venire a firmare un contratto”. Acqua sul fuoco. A secchiate.
Quel fuoco che ufficialmente s'è riacceso nel cuore del capitano bianconero, che ha prolungato fino al 2023 la sua storia d’amore con la Juve, cominciata nel giugno 2005 e, ufficialmente sull’erbetta del Delle Alpi, il 15 ottobre di quell’anno, sostituendo proprio Pavel Nedved, oggi vicepresidente.
Come quei matrimoni dove, a distanza di anni, ci si risposa per ribadire a gran voce un amore che è già forte e scontato. Non ce ne sarebbe bisogno, ma è un gesto importante. Che sa di amore corrisposto. Ribadire un concetto che è base di ogni cosa. Oggi ci ha pensato la Juve, sui social, a dare l'annuncio: ecco #Chiellini2023.
16 ANNI IN CATTEDRA
535 presenze, 343 vittorie, 36 gol, 9 scudetti, 5 Supercoppe italiane e altrettante Coppe Italia, e quel campionato vinto in Serie B, che per un capitano della Juve non vale meno degli altri trofei. Oggi Chiellini è sinonimo di esperienza. Letteralmente. Pochi possono vantare così tante partite di alto spessore e performance in crescendo negli anni. Il contrasto tra ciò che si vede in campo e quell’inevitabile lotta contro il tempo che sulla carta d’identità si traduce con “37 anni” (li compirà fra pochi giorni, il 14 agosto) c'è, ma per Chiellini non è un limite.
Un perfezionista che ha saputo, con intelligenza, limare i propri difetti. Crescendo in un momento in cui, tendenzialmente, le curve delle carriere cominciano a puntare verso il basso dopo aver toccato l’apice, lui ha invece trovato carburante per il boost inaspettato, per premere sull'acceleratore spesso in condizioni non facili (quando ad esempio Bonucci ha scelto di andare al Milan un anno, caricandosi di ulteriori responsabilità conquistando comunque lo Scudetto). Imparando a gestirsi o, più semplicemente, abbassando al minimo gli errori. Puntando alla perfezione.
Gli apprezzamenti dal mondo del pallone sono sempre innumerevoli. Schweinsteiger lo ha definito insieme a Bonucci “la miglior coppia di difensori del mondo”. Mourinho ha definito questa coppia “da Harvard”, in quanto autentici professori universitari dell’antica arte del saper difendere. Ma basta sentire Allegri, che lo ritiene il migliore al mondo, per avere contezza della stima dell'ambiente: e su questo rinnovo, senza dubbio, ha pesato non poco la scelta della società di riportare sulla propria panchina l’allenatore più vincente degli ultimi anni in bianconero.
ROAD TO QATAR
Chiellini quest’estate è riuscito a scrollarsi di dosso la spada di Damocle delle finali europee. Ha alzato al cielo di Wembley, tinto d’azzurro e tricolore grazie all’arco di quello splendido stadio, la Coppa Henri Delaunay. L’ultimo a farlo era stato un altro maestro della difesa Made in Italy, Giacinto Facchetti. Una tradizione di leggende del reparto difensivo. Di stelle.
E ora torna al centro della sua Signora. Con un rinnovo che ha un sapore speciale: una chance da giocarsi senza pensieri, divertendosi, con la consapevolezza di avere le carte in regola per arrivare ancora più in alto. Chiellinigkeitmente potremmo dire. Due anni, con l'obiettivo Qatar 2022 non dichiarato che non può non essere stato tenuto in considerazione. I primi mondiali d'inverno, per provare a raggiungere un altro storico traguardo. Ma, fino ad allora, la strada del successo avrà solo tinte bianconere.
Il capitano, insomma, non abdica. Riparte e sogna in grande. Questa volta sì, si può dire: it(he)’s coming home…