Nato per giocare a tennis. E per essere il migliore. Che in questo sport meraviglioso e tremendamente faticoso significa anche (e forse soprattutto) avere una forza mentale spaventosa. Non esiste un’altra disciplina altrettanto usurante per lunghezza della stagione agonistica, viaggi, livello di competitività, diverse condizioni di gioco, senza contare ovviamente la durata delle partite e il limitato recupero tra un incontro e quello successivo. Il tennis è bellissimo e massacrante e bisognerebbe ricordarsene prima di giudicare, criticare, bocciare. Nel 2024 Jannik Sinner ha scalato l’ultimo gradino, quello che porta dal livello campione al livello fuoriclasse. Melbourne, Miami e Cincinnati ne hanno certificato il nuovo status sul campo, ma il capolavoro assoluto, perché nascosto a tutti, è stata la capacità di resistere alla tremenda pressione del procedimento aperto nei suoi confronti dall’Itia (Agenzia internazionale per l’integrità nel tennis). Sinner ha giocato per quattro mesi con un macigno nello stomaco e nella testa: viaggi, allenamenti, partite con la convinzione di non aver fatto niente di sbagliato e l’umano timore di non essere creduto. Il tennis non ti perdona nulla: la concentrazione deve essere totale anche e soprattutto se sei il numero uno del mondo. Se cali del 10% puoi perdere con cinque-sei giocatori. Se cali del 20% puoi perdere con altri sette-otto. E ogni giorno i campioni più forti lavorano per buttarti giù dal trono. Sinner ha vinto tantissimo e perso pochissimo, tra l’altro tormentato dall’anca, da un virus, dalla tonsillite. Eppure è sempre stato lì, sul campo, a modo suo: mai un gesto di stizza, mai un lancio di racchetta, mai un momento evidente di sconforto o rabbia. Trovatelo un altro così, trovatelo: a 23 anni poi. Ecco perché oggi, liberato dal peso che si portava sulle spalle da troppo tempo, è giusto considerarlo il favorito per gli Us Open. Per mesi, un po’ preoccupati per la sua salute, abbiamo vivisezionato i gesti di Sinner: non fa più il pugnetto, non esulta mai, sorride poco. Il tribunale dei social, che purtroppo non chiude mai per ferie, si è divertito a sparare bestialità assortite partorendo perfino l’assurdità che avrebbe rinunciato alle Olimpiadi per non correre il rischio di vedersi cancellare la medaglia per doping. E Jannik zitto, a lavorare con uno staff che l’ha protetto e ha cercato soprattutto di gestire la situazione a livello psicologico. A Cincinnati non ha giocato particolarmente bene, a tratti pure male, ma ha fatto quello che negli ultimi vent’anni è stata la specialità di Roger Federer, Rafa Nadal e Novak Djokovic: alzare il livello quando conta. Ha vinto da numero uno. Altro segnale della sua forza mentale. Le condizioni di Cincinnati impedivano un buon rendimento: vento, campi velocissimi, palline che volavano. Eppure Sinner ha sempre trovato il modo di adattarsi e nei momenti decisivi contro Rublev, Zverev e Tiafoe ha fatto la differenza. Sotto pressione tira fuori il meglio: nelle statistiche Atp è primo per palle break salvate (72,89%) e ha vinto 12 degli ultimi 13 tiebreak disputati. Insomma, Jannik si presenta a New York come uomo da battere per tanti motivi: la superficie, il livello di gioco, la serenità ritrovata, la forza mentale. Negli anni Duemila la doppietta Cincinnati-Us Open è stata centrata solo sei volte: Roddick nel 2003, Federer nel 2005 e nel 2007, Nadal nel 2013 e Djokovic nel 2018 e nel 2023. Flushing Meadow porta con sé il ricordo di due sconfitte brucianti per Sinner. In particolare quella con Alcaraz nei quarti del 2022 ha gironzolato per un po’ nella testa di Jannik, che ebbe un matchpoint prima di perdere al quinto set dopo oltre cinque ore. L’anno scorso, contro Zverev negli ottavi, un altro ko al quinto set dopo 4h40’ e un’ammissione importante: "I dettagli fanno la differenza. Ho avuto le mie occasioni e non le ho sfruttate". Parlava a se stesso Jannik. Che pochi mesi dopo, nella finale di Melbourne, avrebbe vinto al quinto contro Medvedev. È vero che la statistica dice che sulla lunga distanza Sinner ha perso otto partite su 14, ma lui, Vagnozzi e Cahill non sono preoccupati. Così come non sono preoccupati per la decurtazione di 400 punti nella classifica. Adesso il nostro giocatore comanda con 9360 punti: 1900 più di Djokovic, 2000 più di Alcaraz, 2325 più di Zverev. Nella Race il margine sullo spagnolo è di 1040 punti. Indian Wells è il passato che per fortuna ha smesso di tormentare Jannik. Adesso è il momento di giocare a tennis e basta: senza pensieri, senza paure, senza ansie. In fondo è nato per fare quello. E per essere il migliore.
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Forza mentale da numero 1 e adesso che è tornato il sereno... Questo Sinner non si batte
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