Abbraccia la grande coppa di cristallo, un globo che ricorda quello della Coppa del Mondo di sci. Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Proprio come Jannik Sinner, nato sciatore, diventato tennista cresciuto fino a sedersi sul trono mondiale, primo italiano di sempre a riuscirci. Jannik, cardigan blu e T-shirt bianca di ordinanza, racconta le emozioni di un giorno speciale alla stampa italiana in collegamento da Montecarlo prima di partire direzione Sesto, casa sua, dove oggi verrà accolto con tutti gli onori e soprattutto incontrerà i "bambini che sono cresciuti in un paesino piccolo come il mio e hanno un grande sogno". Il 10 giugno del 2024 per il nostro Paese sarà sempre una data da ricordare, come la vittoria dei Mondiali di calcio il 9 luglio del 2006 o la medaglia d'oro di Jacobs nei 100 metri il 1° agosto del 2021. Il giorno in cui Jannik Sinner è salito ufficialmente sulla vetta del ranking Atp è già storia. Jannik, complimenti per essere entrato in club ristrettissimo. Come si sta? "Si sta benissimo. Ma io sono un tipo che non si ferma troppo sui risultati. Sono felice, ma non mi fermo, guardo avanti, un obiettivo dopo l'alto". Dal 1973 a oggi siete stati soltanto in 29 a raggiungere questo traguardo. Chi tra i suoi predecessori l'ha ispirata di più nella carriera? "Credo che tutti i numeri 1 al mondo abbiano avuto qualcosa di speciale. Grandi giocatori, grandi personaggi, difficile lasciare fuori qualcuno. Certo per la mia età, per la mia generazione, Roger Federer è sicuramente un punto di riferimento importante. Sono cresciuto nel periodo del suo massimo splendore l'ho guardato sempre tanto. Ho amato il suo stile dentro il campo e fuori, quindi sì. Dico Federer". L'Italia ha avuto grandi campioni nello sport. Chi tra loro ha lasciato di più il segno nella sua crescita di campione? "Da bambino sciavo, facevo le gare e vivendo in montagna il primo mito sportivo extra tennis è stato Alberto Tomba. Poi mi sono ispirato molto anche a Valentino Rossi. Loro due sono i grandi dello sport italiano che mi vengono in mente quando si parla di leggende sportive. Non solo per le loro vittorie ma anche perché sono stati capaci di trascinare un movimento, di far crescere il loro sport". Esattamente quello che sta facendo lei. I circoli sono pieni di ragazzini che vogliono iscriversi ai corsi di tennis e diventare grandi tennisti. "Non sono da solo. Siamo tanti sul circuito, abbiamo cinque giocatore entro i primi 50 del mondo. È un numero incredibile, altri stanno salendo e speriamo in futuro di averne sempre di più". A Parigi tra singolare femminile e i doppi, intanto, abbiamo avuto tanta Italia in finale... "Al Roland Garros abbiamo fatto grandi cose tra finali e una semifinale. Dobbiamo essere felici però mai soddisfatti". Jannik, lei è sempre alla ricerca di qualcosa in più, di miglioramenti, ma si è fermato un momento a riflettere sul fatto che è numero 1 al mondo? C'è stato un momento, a letto, sotto la doccia, in aereo in cui ha pensato “Ce l’ho fatta”? "Sì, c’è stato..." E...? "E niente, perché sto ancora pensando alla partita che ho perso con Alcaraz. La finale l'ho vista davanti alla televisione e invece avrei voluto essere ancora lì, a Parigi, a giocarmi il titolo sul campo. Ammetto che non sono riuscito a vederla bene, è stata un po' una sofferenza. Diciamo che sono felicissimo di essere qui con questo trofeo e di aver raggiunto il numero 1 del ranking, ma domenica avrei preferito essere sullo Chatrier". Mettiamola così, tra poco più di un mese avrà la possibilità di sostituire il ricordo negativo con quello più piacevole dell’Olimpiade. Si gioca sugli stessi campi... "Al Roland Garros è andata com’è andata, ma la prendo come una grande lezione, per capire come e dove devo migliorare. A questo punto vincere l’Olimpiade su quel campo lì sarebbe un sogno. Un appuntamento speciale e importante". Novak Djokovic, che le ha appena passato lo scettro da re del tennis, aveva dichiarato a 7 anni che sarebbe diventato numero 1 al mondo. Quando lei era ragazzino, quali obiettivi aveva? Battere il rivale del circolo, diventare n.1 o vincere uno Slam? "Nessuno dei tre a dire la verità. Certo, quando mi hanno chiesto “il sogno” ho risposto diventare il numero 1 però ero piccolo. Quando sei giovane queste cose le dici e basta senza neanche pensarci troppo. Io ho sempre proceduto per piccoli passi. Il primo punto Atp, poi il secondo, poi entrare nei primi 1000, poi i 500 e così". Eccesso di umiltà? "No, ho sempre cercato di avere traguardi raggiungibili che mi dessero la possibilità di fare un passo in avanti. Questa alla fine è stata la chiave per arrivare qua, con questo bellissimo trofeo. Ora sono sulla cima di una montagna, ma all'orizzonte ne vedo altre da scalare". Qual è il prossimo “piccolo” passo all'orizzonte? "Prima di tutto vedere per quanto tempo riuscirò a restare in questa posizione, come mi adatterò all'erba a Halle, il primo torneo sull'erba. Lo scorso anno ho fatto una fatica incredibile al primo appuntamento sull’erba. E poi cercherò di fare il meglio a Wimbledon. Ci sono sempre obiettivi, e questa è la cosa per me più importante". A Sesto, casa sua, la aspetta una grande festa finalmente. Dovrà portarsi dietro un sacco di trofei da mostrare... Che sapore ha per lei questa giornata? "Un sapore speciale, di casa. La famiglia per me è tutto. Avrei dovuto festeggiare dopo il titolo a Melbourne ma avevamo davvero pochissimo tempo e poi c'era stato un lutto in paese. Allora abbiamo fissato l’11 giugno. È successo quello che è successo (diventare numero 1, ndr), e quindi festeggiamo tutto insieme". Si farà un regalo per questo primato? "Ho chiesto solo una cosa: che le persone che mi stanno intorno continuino a essere molto oneste con me. La sera del ritiro di Nole, quando sono arrivato in cima, ho riunito il team e ho detto loro: “Dovete sempre dirmi la verità, perché è l’onestà che mi ha portato ad accettare i momenti difficili e crescere. Solo così cresceremo ancora. Insieme”.
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Sinner: "Mi ispiro a Roger. Ho Tomba e Vale come leggende. Dopo il numero 1 l’oro olimpico"
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