Da quando la scorsa estate Daniil Medvedev ha infranto il Grande Slam di Novak Djokovic, vincendo il suo primo major a New York, i loro destini si sono stretti in una storia scritta al contrario. A Flushing Meadows, Djokovic aveva una missione crudelmente vincente da compiere, eppure ha perso conquistando per la prima (e unica) volta il pubblico, che da sempre è il suo più grande rivale.
E Medvedev che sembrava l’antagonista perfetto, anzi l’attore non protagonista dell’impresa più grande mai riuscita a Federer o Nadal, fece invece della sua “bruttezza” un dono speciale, privando di remota bellezza una finale di cemento imbrattato di colpi sporchi, con la sua trama imprecisa e ingannevole.
E trascorsi dei mesi, entrati nell’anno sportivo più politicizzato del ventunesimo secolo, Novak Djokovic è stato iscritto nel libro nero del tennis per aver tentato di disputare l’Australian Open senza vaccinarsi contro il covid.
Tredici giorni di caso mediatico, geopolitico, diplomatico e sportivamente pandemico prima che a Melbourne si potesse giocare a tennis e celebrare il ventunesimo titolo Slam di Rafael Nadal, solo lui, come nessuno mai e proprio contro Medvedev: per molti il più antipatico rimasto nel torneo dopo la cacciata di Djokovic.
E dopo qualche altra settimana c’è un nuovo numero 1 del tennis mondiale: Daniil Medvedev. Proprio lui, mai particolarmente amato o tifato dal grande pubblico con quell’energia fredda che emana dal suo scomposto e straordinariamente efficace modo di giocare. Un sabotatore russo che diventa numero 1 al mondo dopo 361 settimane di Djokovic: un record guastato a distanza mentre Novak, tornato in campo, perdeva a Dubai contro Vesely e Medvedev contro Nadal ad Acapulco. Come all’Australian Open, solo che nei giorni di guerra in Ucraina.
Mentre Nadal col suo sombrero è l'uomo del momendo - imbattuto nel 2022 dopo 15 match, un semestre senza tennis e giorni di paura della fine per la displasia degenerativa del piede sinistro - un campione russo diventa il numero 1 del tennis mondiale nel momento più sbagliato. Per lui, per il tennis, per lo sport e la Russia stessa.
Russia che in vetta al ranking ha già avuto Evgenij Kafelnikov per 6 settimane nel 1999, poi Marat Safin per nove settimane tra fine novembre 2000 e aprile 2001. Due parentesi nella diarchia di Sampras-Agassi prima che Hewitt, Ferrero e Roddick traghettassero il tennis nell’età dell’oro. Infatti dal 2 febbraio del 2004, per 18 anni si sono alternati al numero 1 Federer, Nadal e Djokovic con l'illustre eccezione di Andy Murray.
Ma da oggi, lunedì 28 febbraio, al numero 1 c'è Medvedev e con il suo Paese in guerra non c’è nessuno a fargli festa, né il tennis può celebrare mediaticamente questa nuova cronaca evolutiva. Una rottura che non è una svolta generazionale perché Medvedev ha 26 anni e dei suoi altrettanti antesignani, solo Pat Rafter, Ilie Nastase, Thomas Muster, Andy Murray e John Newcombe sono stati più anziani di lui.
Il momento è comunque storico anche eccome sportivamente scrivendo, e ricorda il giorno in cui Mats Wilander diventò numero 1, spodestando dopo 14 anni il quartetto Connors, Borg, McEnroe e Lendl. Era il 1988, erano gli ultimi tempi di Unione Sovietica e da pochi giorni s’era conclusa la guerra tra Iran e Iraq: un conflitto che ha ridisegnato il Medio Oriente.
E quanto Medvedev resterà al numero 1 del tennis mondiale, mentre tutti gli eventi sportivi russi vengono cancellati e le squadre estromesse dalle gare internazionali, dipenderà proprio da Djokovic e da quanti prossimi tornei sarà autorizzato a giocare. Che tanto per cominciare, senza vaccinarsi, non saranno i prossimi Masters 1000 di Indian Wells e di Miami.