Che bello questo risveglio. Sembrano lontanissimi i tempi in cui Matteo Berrettini faticava ad alzarsi dal letto: stava perdendo le speranze, il fisico gli tarpava le ali, la risalita pareva impossibile. Numero 6 del mondo, finalista a Wimbledon, protagonista della storica Laver Cup dell’addio di Roger Federer: quelle vette erano solo un ricordo. E invece adesso The Hammer può guardare con fiducia a quello che verrà: il nono titolo della carriera, conquistato a Gstaad contro Quentin Halys, lo ha riportato in top-50 e, soprattutto, è una straordinaria iniezione di fiducia. Sì: la strada è giusta. E la stagione ha ancora tanto da offrire: quattro Masters-1000, soprattutto gli Us Open e il sogno Coppa Davis. Berrettini non è rinato da un giorno all’altro. Il processo che ha riportato Matteo tra i grandi del tennis è stato lungo e complesso. Meno di un anno fa, con l’infortunio alla caviglia agli Us Open, il giocatore romano viveva un pericoloso momento di sconforto. Eppure è riuscito a rialzarsi, non senza difficoltà, anche stravolgendo l’universo attorno a sé: separarsi dal coach di sempre, Vincenzo Santopadre, è stato tutt’altro che semplice. Per ripartire, Berrettini si è affidato ai consigli di Francisco Roig (ex numero 60 del mondo, soprattutto elemento fondamentale nello staff al seguito di Rafael Nadal) e Alessandro Bega, ex allenatore di Ajla Tomljanovic (in passato compagna di Matteo) e sempre al fianco del tennista azzurro. Il lavoro di Berrettini è stato tecnico, ma anche mentale e fisico: da questo punto di vista, un ingresso importante nel suo team è stato quello di Daniel Pohl, fisioterapista che ha lavorato anche con Maria Sakkari e Ben Shelton. Nel 2024, Matteo ha pesato le mosse: sette tornei Atp giocati, con tre finali disputate e due titoli. Gioca quando se la sente, quando è tranquillo e sa di poter arrivare in fondo. Una gestione che lo ha riportato in top-50 guadagnando oltre 100 posizioni in poco più di quattro mesi. E adesso? Può arrivare il bello. Perché da qui a fine stagione ci sono pochissimi punti da difendere: l’anno scorso, dopo Wimbledon, Berrettini ha vinto solamente due partite, in Canada e agli Us Open. Ecco che il saldo può essere estremamente positivo, con la possibilità di fare un ulteriore grande balzo in classifica. Matteo ha già parlato del suo prossimo obiettivo: “Il vero traguardo è chiudere l'anno tra i primi 30, anche per entrare tra le teste di serie agli Australian Open di gennaio”. Lo Slam di Melbourne è ancora lontano, l’azzurro non vuole affrettare i tempi mettendosi pressione con obiettivi troppo vicini nel tempo: “Voglio rimanere con il sorriso e soprattutto sano, con una programmazione intelligente senza forzare troppo”. Eppure, questo 2024 ha ancora tanto da offrire. E Berrettini ha tutto per poter essere protagonista anche nel primo Slam che verrà, senza aspettare l’Australia: prima degli Us Open ci saranno un torneo 500 (Washington) e due 1000 (Canada e Cincinnati), il che significa che può esserci un’altra importante ascesa in classifica. Chiaramente, dipenderà da quanto Matteo deciderà di giocare: adesso Berrettini disputerà il torneo 250 sulla terra di Kitzbuhel, poi sarà tempo di pensare al cemento con una programmazione ancora da definire. Ma buoni risultati nei tornei in preparazione agli Us Open potrebbero consentire all’azzurro di presentarsi già a Flushing Meadows in un’ottima posizione. E poi occhio alla Coppa Davis: se in salute, Berrettini ha tutto per essere la seconda punta del nostro tennis alle spalle di Jannik Sinner, senza dimenticare Lorenzo Musetti. A Malaga – qualora, ovviamente, superassimo il girone di Bologna – potremmo avere il Dream Team schierato per la prima volta: fino a qualche mese fa, anche solo pensarlo era impossibile.
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Us Open e Malaga: il piano di Berrettini per un finale da protagonista
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